L’autobiografia quotidiana
di uno dei principali sovrani egizi in un tripudio di monumenti, guerre, mogli
e figli. Alla sfida dei millenni, un esempio ineguagliabile di “culto della
personalità” esaltato più che narrato in un irrefrenabile furore architettonico
ARCHITETTO
INSTANCABILE DEL PROPRIO CULTO
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcIJBYr1wTeKt1iZ4YHmWuRtA8Gp3wYClCpgqK9Kq_hBviBYk701ou_SHm1hZKSX1IBi30y_i_HbUgaBdUgrGiOc1qFjXL6IDiIDcOR2R5sqQSjLbPddlcejvmDl_9-OL12LBdors4TjA/s400/RAMESSE+II.jpg)
Del resto il nostro protagonista è stato facilitato da
una parabola di vita lunga 85 anni in cui ha regnato per 67. Un abbondantissimo
percorso in cui si è raccontato giorno dopo giorno e atto dopo atto in un’autopoiesi continua come necessità di
definirsi costantemente, trasformandosi da soggetto umano/divino a metabolismo
vivente da cui tutto parte e tutto torna: “Re autopoietico per eccellenza,
Ramesse II ha fatto mito di sé, per iscritto e con immagini, portando
all’estremo una caratteristica della civiltà faraonica i cui regali
protagonisti, lo ricordiamo, hanno saputo fin dalle origini usare tutti gli
strumenti della propaganda”. E.
Bresciani, Ramesse II, p.10.
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QADESH, DA UNA QUASI
SCONFITTA A UN TRIONFO DIPLOMATICO
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Li ingloba quindi come mercenari. Servono uomini perché
all’orizzonte si affaccia il vero nemico, gli Ittiti. Nel frattempo, l’esigenza di un’azione forte in politica
estera e sul tema della sicurezza delle frontiere spinge il faraone
“costruttore” ad edificare una nuova capitale più adeguata, sarà Piramesse: “La posizione della residenza
era anche strategicamente opportuna, con facilità di comunicazione col
Mediterraneo ma anche col Mar Rosso, atta al controllo sulle regioni limitrofe
e come piazzaforte ben munita di soldati e arcieri scelti”. E. Bresciani, Cit., p.41.
Dalla sua città si pone a portata di tiro verso gli
avversari: “Il loro impero premeva sulle frontiere egiziane, che prima del loro
avvento inglobavano pressoché l’intera area siriana; col tempo, invece, Qadesh
e Amurru, estreme propaggini settentrionali del regno egizio, erano divenute i
capisaldi più meridionali dell’impero ittita, e Ramses fu costretto a condurre
una prima spedizione…”. A. Frediani, Cit.,
p.451.
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Ramesse II, troppo sicuro di sé, convinto di cogliere
una facile vittoria trascura ogni precauzione e va all’attacco con una sola
divisione, mentre le altre tardano ad arrivare. L’imprevisto assalto ittita
crea un fuggi fuggi generale, ma secondo gli agiografi il faraone conserva il
controllo nello sbandamento collettivo e dice al suo auriga: “Sta saldo,
rincuora te stesso! Io agirò su di loro come l’artiglio del falco, ucciderò,
massacrerò, li stenderò al suolo! Non sono venuti i principi, gli ufficiali, i
soldati ad aiutarmi mentre combattevo. Ho vinto milioni di nemici da solo, ero
con i miei due grandi cavalli… Io darò loro da mangiare con le mie mani ogni
giorno quando sarò rientrato a Palazzo, perché sono loro che mi sono trovato
accanto quando ero in mezzo ai nemici, così come il conduttore del mio carro,
il mio scudiero Menna e le genti della mia guardia, che sono state al mio
fianco e furono con me nel combattimento”. M. Hart, Cit., p.394.
“Ramses era rimasto con un pugno di carri, circondato
dall’avversario. Sopraggiunse proprio allora, da nord, il distaccamento che
aveva inviato lungo la costa, che soprese da tergo i carri ittiti e liberò il
faraone dalla morsa, aiutandolo a sostenere ben sei attacchi successivi… Nel
frattempo sopraggiunse anche la terza divisione, che contribuì a mettere in
fuga i mezzi ittiti… La notte pose fine al combattimento e il giorno seguente
Muwatalli richiese un armistizio; egli non aveva ancora impiegato la fanteria,
ma d’altronde anche Ramses aveva almeno un quarto dell’esercito integro. Tuttavia
il faraone aveva dovuto rimproverare aspramente i suoi uomini, che lo avevano
abbandonato, e non se la sentiva di rischiare una nuova battaglia con le truppe
che non gli davano pieno affidamento. Ramses accettò pertanto la tregua e tornò
a Sud”. A. Frediani, Cit., pp.454-455.
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Dai pochi resoconti pervenuti si può tentare una
valutazione un po’ più slegata dalla fama presso i posteri che questa figura
tramanda di sé: “Traiamo l’impressione che Ramses II fosse un personaggio
dotato di uno straordinario coraggio, ma un tattico di scarsa levatura, che
osava aggirarsi in territorio nemico con un esercito sfilacciato, e un
comandante di tenue carisma, incapace di tenere a freno i propri uomini presi
dal panico. Senza dubbio migliore ci appare il grande faraone come stratega. La
sua opera consentì all’Egitto di approfittare delle difficoltà degli ittiti per
sottrarre loro territori e guadagnarsi una pace tutto sommato favorevole, e
apportò sicurezza anche lungo le frontiere sud-occidentali, che da lungo tempo
erano sottoposte alla costante minaccia dei libici e dei pirati”. A. Frediani, Cit., p.454.
UN’ETERNITÀ SCOLPITA
IN VITA
Una volta equilibrata e normalizzata la propria
sicurezza da minacce più o meno insidiose, Ramesse II si dedica con tutte le
sue forze alle tendenze di grande costruttore completando i monumenti edificati
dal padre e arricchendo l’Egitto di una serie straordinaria di opere. Da Abu Simbel al Ramesseum, da Karnak a Luxor a Piramesse, “Ramses parla all’immaginazione attraverso i resti
colossali dei templi che eresse, delle tombe, delle statue, degli obelischi. Le
sue gesta guerresche sono state tramandate dagli scribi, esaltate dall’epica,
scolpite nella pietra”. M. Hart, Cit., p.393.
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UNA COLOSSALE MOLTIPLICAZIONE DI MOGLI E FIGLI
Oltre a riempire l’Egitto di monumenti, Ramesse II “invade” il suo paese con circa 100 figli grazie ad un significativo numero di mogli. Molti di questi affiancano il padre in ruoli militari o religiosi e altrettanti, naturalmente, ne testimonieranno la grandezza attraverso i millenni “ornando” costruzioni a loro dedicate: “Ostentò una fierezza quasi ossessiva per i numerosissimi figli (almeno 50 figli e 40 figlie) di madri diverse, nominandoli e facendoli rappresentare sui suoi monumenti con una insistenza che non si conosce per faraoni precedenti, e che potrebbe essere considerato parte del programma propagandistico perseguito dal re… Ad Abu Simbel, ai lati dei colossi di facciata sono raffigurati 6 figli, all’interno del tempio 9 figlie; a Karnak, nelle scene della battaglia di Qadesh, ben 12 figli… Non meraviglia che per una progenie così numerosa il faraone abbia fatto approntare nella Valle dei Re, proprio di fronte alla propria, una tomba multipla”. E. Bresciani, Cit., pp.31-32.
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L’harem del faraone invece comprende molte donne, Nefertari la più nota e forse la più amata; figura onnipresente, furba, intelligente e bellissima. Secondo alcuni studiosi addirittura probabile sorellastra del faraone. Infatti tra le spose di Ramesse II figurano anche alcune figlie, ma non è accertato se si sia trattato di vere unioni carnali oppure titolature onorifiche o rituali. Molta risonanza viene data al matrimonio del faraone con la figlia di Hattusil III, Maatneferura, per consolidare ulteriormente i rapporti tra egiziani e ittiti dopo la pace. Avvenimento commemorato, come al solito, su grandi stele ad Abu Simbel e Karnak; su quest’ultima si legge: “Ed ecco che la figlia del grande principe di Kheta fu condotta alla presenza di Sua Maestà e siccome piacque al cuore di Sua Maestà, Sua Maestà fece redigere il suo nome in qualità di grande sposa regale: Maatneferura (Colei che vede la bellezza di Ra)… E’ stata una meraviglia misteriosa che non si era mai verificata prima in Egitto. Il paese di Kheta venne, con cuore devoto, sotto i piedi di Sua Maestà, di modo che, se qualcuno, uomo o donna, doveva recarsi in Asia e giungere al Paese di Kheta, non c’era paura nel suo cuore, grazie alla grandezza e alle vittorie di Sua Maestà”. E. Bresciani, Cit., p.29.
Per tutta questa scenografia vivente che intreccia governo e famiglia, Ramesse II resta una delle figure più emblematiche della gloria e del potere dell’Egitto faraonico: “Ha ben meritato d’essere chiamato grande. Avendo fatto prova nella battaglia di Qadesh d’un coraggio straordinario, è entrato ancora in vita nella leggenda. Tutta la sua vita ha esercitato coscienziosamente il suo mestiere di re. Il suo egoismo mostruoso era temperato dalla bontà di cui hanno beneficiato i suoi soldati, i suoi artisti, i membri della sua famiglia e si può perfino dire l’insieme dei suoi sudditi”. E. Bresciani, Cit., pp.12-13.
L’UNICO VERO MISTERO CIÒ CHE APPARE PIÙ NOTO: L’ESODO E IL MAR ROSSO
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Ma anche la mummia di Merneptha è intatta, senza tracce di annegamento”. E. Bresciani, Cit., pp.69-71.
Mistero!!! Colossale mistero!!!
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