Esempio di dedizione alla Patria. Valoroso difensore delle tradizioni dell’antica Repubblica romana. Solca ancora il cammino della storia più per quanto rinunciò che per quanto ottenne
UN COMANDANTE MILITARE TRA BESTIE E CIPOLLE
Siamo nella leggenda, Roma è solo una città che lotta per il predominio sulla Penisola, l’impero è molto lontano e la Repubblica basa le sue fondamenta sul valore militare e la serietà dei costumi.
La figura di Lucio Quinzio Cincinnato, secondo quanto tramandato, rispecchia in pieno questo quadro: nella sua esperienza esempio di “buona direzione, servizio al buon pubblico, virtù e modestia”. Nato intorno al 520 a.C. – non si conosce la data di morte – “i suoi capelli dovevano essere ricci perché la parola Cincinnato in latino vuol dire riccioluto… Per ben due volte, dice la leggenda, fu eletto dittatore affinché potesse risolvere situazioni belliche che altri generali non erano stati capaci di chiudere soddisfacentemente. Il che vuol dire che aveva un bernoccolo spiccato per la tattica e la strategia, magari primitivo e naif ma non meno producente di quello che avrebbe potuto mostrare un raffinato ufficiale di carriera”. G. Antonelli, Gli uomini che fecero gande Roma antica, p.30.
Discendente dalla gens Quinctia, già politico e console, si ritrovò in pesanti ristrettezze dopo il pagamento di una forte cauzione dovuta ad un processo contro il figlio Cesone costretto all’esilio. Da qui obbligato ad occuparsi della sua famiglia coltivando un podere oltre Tevere, probabilmente dalle parti del Vaticano: “Cincinnato, con l’aiuto della moglie Racilia… passava la giornata ad arare, a seminare, a raccogliere, a governare le bestie, galline, maiali, buoi, il mulo per trasportare le derrate dal suo orto in città… che costituiva un mercato inesauribile per i suoi porri, per i suoi agli, le sue cipolle e via dicendo”. G. Antonelli, Cit, p.31.
DALLA VANGA ALLA DITTATURA
Nel frattempo Roma era alle prese con lo scontro in corso con gli Equi (popolazione tra il Lazio e l’Abruzzo) che, venendo meno ad un accordo di non belligeranza, avevano ripreso a saccheggiare il territorio latino fino all’agro romano ponendo anche sotto assedio l’accampamento del console Lucio Minucio.
Così Roma in tumulto invocava una soluzione e cominciò a farsi strada l’idea di nominare Cincinnato dittatore secondo la magistratura straordinaria prevista dalla Repubblica romana (in carica con pieni poteri non più di 6 mesi): “Il pericolo fu così grave che il Senato,
per pararlo, concesse titolo e pieni poteri di dittatore a Quinzio
Cincinnato che, con un nuovo esercito, liberò le legioni circondate… Poi
deposto il comando dopo averlo esercitato solo per sedici giorni, tornò ad
arare il podere dal quale era venuto”. I. Montanelli, Storia d’Italia 1 – Dalla fondazione di Roma alla distruzione di
Cartagine, p.80.
“Come sempre Cincinnato accudiva il suo campicello e intento a questo lavoro lo trovarono i messi del senato venuti a comunicargli le decisioni prese… Non fece obiezioni, riportò la vanga nel fienile, fece qualche raccomandazione alla moglie su come seguire le coltivazioni e, prese le armi dal ripostiglio, si presentò al Campo Marzio dove aveva già dato ordine fossero convocati i cittadini destinati alla campagna militare”. G. Antonelli, Cit, p.33.
“Come sempre Cincinnato accudiva il suo campicello e intento a questo lavoro lo trovarono i messi del senato venuti a comunicargli le decisioni prese… Non fece obiezioni, riportò la vanga nel fienile, fece qualche raccomandazione alla moglie su come seguire le coltivazioni e, prese le armi dal ripostiglio, si presentò al Campo Marzio dove aveva già dato ordine fossero convocati i cittadini destinati alla campagna militare”. G. Antonelli, Cit, p.33.
Da quel momento fermò ogni attività legislativa, giudiziaria, commerciale, privata e ordinò di raccogliere l’esercito con cibo per pochi giorni, armi e pali. Si avviò verso l’accampamento di Minucio con l’intento di costruire un palizzata alle spalle degli Equi trasformandoli da assedianti ad assediati tra due fuochi. Quella stessa notte ebbe inizio la Battaglia del Monte Algido (probabilmente nel 458/457 a.C.) che portò alla sconfitta degli Equi e alla liberazione dei soldati romani.
Il bottino però fu distribuito solo all’esercito di Cincinnato mentre Minucio e i suoi restarono a bocca asciutta pagando la colpa di aver subito l’assedio. A trionfo celebrato il comandante contadino restituì i suoi poteri nel giro di sedici giorni e non di sei mesi come previsto, e tornò al suo podere.
La domanda sorge spontanea: Cincinnato era un tecnico o un politico? a valutare dalle vicende raccontate sembra ricadere nella prima categoria, ovviamente della sottospecie dei "tecnici militari". Si sa, ogni epoca ha le sue necessità: ieri militari oggi economisti. Minucio invece mi sembra appartenere alla seconda categoria.
RispondiEliminaMah, la risposta non è semplice: direi che oggi come oggi un Cincinnato mi vien ben difficile trovarlo. Tecnico o politico che fosse ha risolto un problema. ai nostri tempi mi pare invece che siamo stracolmi di "Minucio" ma il bottino lo ottengono lo stesso...
RispondiEliminaCINCINNATO ERA UN QUIRITA E DA QUIRITA EGLI VIVEVA E QUANDO LA SUA ROMA LO CHIAMAVA LUI PRONTO LA SERVIVA COL CORPO CON LA MENTE E TUTTA L'ANIMA DI FIGLIO AFFETTUOSO IARIASTEFANO@QUIRITA.21APRILE
RispondiEliminavedo paralleli tra la neo ministra Teresa Bellanova e Cincinnato. Persone di semplice estazione ma con intuizioni vincenti
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