20 dicembre 2011

MONTECUCCOLI, UN ITALIANO AL COMANDO DEL SACRO ROMANO IMPERO

Le imprese di un glorioso condottiero fuori dall’italietta preda di ogni invasore. Da soldato semplice a Principe del Sacro Romano Impero, tra i più grandi comandanti del XVII secolo, trionfatore su polacchi, svedesi, francesi e difensore dell’Europa cristiana dai turchi alle porte di Vienna
 
LA NASCITA DI UN MITO NELL’EUROPA DELLE GUERRE
Con la Pace di Vestfalia (1648) terminò la Guerra dei trent’anni (1618-1648), conflitto che coinvolse le maggiori potenze europee, un po’ per lo scontro religioso tra cattolici e protestanti un po’ per l’egemonia sul continente. Tra le principali conseguenze: la lenta ma inesorabile decadenza della Spagna, la supremazia della Svezia a Nord, la permanenza di Italia e Germania in staterelli frammentati, e le ambizioni contrapposte di Francia e Austria; quest’ultima intenzionata a “farsi impero” e baluardo dell’Occidente cristiano contro i turchi padroni dei Balcani e parte dell’Ungheria. Fu proprio Raimondo Montecuccoli, tra i più celebri condottieri del XVII secolo, a sbaragliare gli Ottomani nella guerra più tragica combattuta dagli Asburgo sovrani d’Austria e del Sacro Romano Impero. Un esempio di grande italiano costretto a cercare in terre straniere tutto quello che non poteva trovare in un’Italia consumata da perenni discordie interne e dominata dagli invasori.

IL PRETE MANCATO AL COMANDO DEGLI ESERCITI IMPERIALI
Raimondo Montecuccoli nacque nel Castello di Montecuccolo (1609) nel modenese. Respirò gloria e valore sin da piccolo per via delle imprese di suo padre, Galeotto, contro i turchi in Croazia militando negli eserciti imperiali come in quell’epoca era uso tra i principi italiani. Alla morte di Galeotto, Raimondo – il più grande di sette figli – seguì a Roma il Cardinale Alessandro d’Este, alle cui cure era stato affidato, per essere avviato alla carriera ecclesiastica. Ma alla successiva morte del Cardinale, Raimondo si trasferì in Germania per intraprendere la carriera delle armi alla quale si sentiva più votato. Avrebbe potuto esser nominato subito ufficiale, sia per la nobiltà della sua famiglia sia per le alte protezioni di cui godeva, ma volle cominciare da soldato semplice.
Il suo esordio militare, sotto la guida del famoso generale austriaco Albrecht Von Wallenstein, coincise con alcune fasi della Guerra dei trent’anni: Partecipò all’assedio di Amersdorf, entrando per primo nella breccia aperta nelle mura nemiche con la bandiera imperiale spiegata; poi, già capitano a 22 anni, riuscì con astuzia e coraggio ad entrare in Neubrandeburg impadronendosi della piazzaforte.
 
Nel 1639 cadde prigioniero degli svedesi e venne imprigionato per tre anni nel Castello di Stettino in Pomerania. Nello sconforto della prigionia, Montecuccoli cercò rifugio nello studio; storia militare e storia politica i suoi interessi. In quel periodo scrisse anche il trattato “Delle Battaglie”. Una volta liberato tornò a Modena dove il duca Francesco I d’Este aveva bisogno della sua opera. Ma il soggiorno fu breve. Ritornò a Vienna in qualità di maresciallo di campo per assumere il comando del corpo d’esercito imperiale diretto in Slesia durante l’ultima fase della Guerra dei trent’anni. Ben presto si ritrovò comandante supremo dell’esercito imperiale e sconfisse svedesi e francesi, liberando Boemia e Moravia.

Ciò gli valse il comando generale della cavalleria imperiale. Un’ascesa irrefrenabile che lo portò al servizio dell’Imperatore Leopoldo I d’Asburgo ad affrontare la Polonia ed espugnare Cracovia. Da qui nominato comandante supremo degli eserciti imperiali.





                     
GLORIA IMMORTALE CONTRO TURCHI E FRANCESI
Intanto i turchi avevano nuovamente invaso l’Ungheria e Montecuccoli, nuovo maresciallo di campo generale, prese la guida della battaglia tra il 1663-1664. Una guerra tragica tra circa 60.000 turchi ed un esercito imperiale ridotto a meno di 20.000 uomini: “Quest’Occidente si ricordava di rado d’essere cristiano, di solito preferendo lasciare il suo bastione a sbrigarsela da solo. Così l’antimilitarista Leopoldo… trovò un grande generale in un italiano, il Montecuccoli, che con poche forze sbaragliò gli Ottomani…”. I. Montanelli, Storia d’Italia 1600-1789, p.305.

Il condottiero manovrò continuamente le truppe costringendo i turchi a mutar sede della battaglia portandola sul fiume Raab. Mantenendo intatte le scarse forze, Montecuccoli si ritrovò sul teatro di guerra in una posizione che gli dette il sopravvento. Puntando più sul fuoco incessante che sulla forza d’urto, riuscì a sconfiggere irrimediabilmente i soldati del Gran Vizir Ahmed Koprulu con attacchi sulle ali nemiche per ammassarne il centro in spazi ristretti di manovra. Ancora una volta nella storia si impedì alla mezzaluna di dilagare in Occidente. Per questa vittoria l’imperatore lo nominò tenente generale dei regni e Province ereditarie e di tutti gli eserciti del sacro Romano Impero. Tornò quindi a Vienna da trionfatore pensando di potersi ritirare e dedicarsi a studi e famiglia. Ma non era ancora tempo di riposo!!!
 
Nel 1672 la Francia di Luigi XIV invase l’Olanda e l’Europa ripiombò di nuovo in guerra.
Più che una guerra!!! Uno scontro del destino sul Reno tra i due più grandi capitani dell’epoca: Montecuccoli e Henri de La Tour d’Auvergne, Visconte di Turenne e Maresciallo di Francia. Ne venne fuori un conflitto basato su continue strategie e gare di abilità con i francesi, tuttavia, quasi sempre in ripiegamento. Fin quando lo stesso Turenne non venne ucciso da una cannonata nella battaglia di Salzbach, cosicché l’esercito francese ormai senza capo fu duramente sconfitto a Goloschier. Fu questa l’ultima battaglia di Montecuccoli che uscì sempre vittorioso da tutte le campagne condotte come comandante in capo. Stanco di guerre, con l’ultima nomina di Principe del Sacro Romano Impero, si ritirò a Linz non prima di aver lasciato in eredità da teorico militare un vero e proprio esercito asburgico regolare e permanete: “Grande riformatore convinto assertore della superiorità e dell’efficacia delle artiglierie sulle armi bianche. A tal fine… propugnò l’adozione di un nuovo tipo di moschetto più leggero, e incrementò la percentuale dei moschettieri rispetto a picchieri; inoltre, creò delle unità d’élite di fanteria costituite dai granatieri… Grande organizzatore, Montecuccoli migliorò anche i sistemi di pagamento e di equipaggiamento delle truppe, che seppe motivare con maggiori incentivi e condizioni di vita più accettabili… il suo motto più celebre riguardava l’elenco delle tre cose necessarie per fare la guerra: denaro, denaro, denaro”. A. Frediani, I grandi condottieri che hanno cambiato la storia, pp. 381-383.
 
Morì nel 1680, non rinunciò mai alla sua nazionalità tanto da scrivere sempre in lingua italiana sia le sue opere che la corrispondenza con l’Imperatore e la corte di Vienna.


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