15 aprile 2013

MENCIO, IL FILOSOFO DELLA SOCIETÀ PERFETTA GOVERNATA DALLA BONTÀ


Dalla visione più ortodossa del Confucianesimo il rapporto tra governanti e governati come padri e figli. Le virtù innate dell’uomo contro il disordine sociale e la miseria attraverso 4 princìpi: benevolenza, giustizia, riti e saggezza. Utopia? Forse! Ma già 2500 anni fa una dottrina popolare contro il potere rapace e per il benessere dei deboli
 
L’UOMO È BUONO PER NATURA
“Fede assoluta nella bontà innata dell’animo umano, lo sviluppo di questa virtù come base di un governo di benevolenza e tolleranza conduce alla società perfetta al cui vertice stanno il popolo e i suoi bisogni, secondo lo Stato e infine terzo l’imperatore”. È la sintesi più riduttiva della dottrina di Mencio, nome italianizzato del filosofo e studioso cinese Meng Tse o Meng Ke o Ko o ancora Meng Tzu, nato intorno al 371 a.C. nel piccolo stato di Tsou (odierna provincia di Shantung) e vissuto fino al 289 a.C., nella fase storica degli Stati combattenti dal momento che il paese è politicamente diviso. Per gran parte della sua vita, secondo la leggenda, girerà varie regioni della Cina diffondendo precetti sulle riforme ai vari sovrani e governanti. Tutto il suo pensiero, raccolto nel Libro di Mencio, farà di lui il più degno successore di Confucio e del Confucianesimo.
Anzi, rispetto al suo maestro, Mencio svilupperà ed evolverà la dottrina da un piano più specificamente morale ed etico ad uno più a misura d’uomo.
 
Senza mai addentrarsi in questioni soprannaturali, ma con lo sguardo ben rivolto all’esperienza umana, il Confucianesimo, tra il VI e V secolo a.C. – più che come religione – si impone come tradizione filosofica, morale e politica della Cina basandosi “sulla moralità personale e sulla concezione di un governo che sia al servizio del popolo e impostato sull’esempio morale… Lo Stato deve esistere a beneficio del popolo e non viceversa… chi governa deve farlo soprattutto con l’esempio morale e non con la forza”. M. Hart, Gli uomini che hanno cambiato il mondo, pp.78-79.
 
NESSUN UOMO E NESSUN GOVERNO SENZA VIRTÙ E PRINCÌPI
Quindi un’impostazione dottrinaria fondata su due virtù: jen (amore) e li (buone maniere, rettitudine), che mira a riformare la società corrotta da tempi agitati, in cui i sovrani di numerosi staterelli interni alla Cina sono in lotta per il predominio. Qui entra in campo Mencio con la suddivisione dell’etica nei quattro principi della benevolenza, giustizia, riti e saggezza, attraverso i quali i governatori devono occuparsi dei governati come i padri verso i figli. Egli scrive: “I quatto principi che gli uomini hanno e dai quali devono essere guidati sono l’umanità (che nasce dalla pietà), la giustizia (che nasce dal senso della vergogna), l’esatta opportunità (che nasce dalla modestia), il sapere (che deriva dalla capacità di distinguere il giusto e l’ingiusto)”.
Le sue regole, quindi, non derivano da uno studio razionale da parte dell’uomo per guidare la società, ma stanno dentro l’uomo. Ecco il più alto valore intrinseco della bontà che deve gestire i vari tipi di rapporti personali per dare stabilità alla comunità e al Paese. Infatti, afferma che: “Tutti gli uomini hanno il cuore ricolmo di pietà. Gli antichi re avevano questa pietà e il loro governo era fondato sulla pietà. Per questo era loro facile tenere l’ordine, facile come prendere e portare un oggetto di piccole dimensioni nel cavo della mano. Gli uomini sono naturalmente incapaci di sopportare la vista delle altrui sventure: difatti, se vedono che un bambino sta per cadere in un pozzo, si affliggono e cercano di salvarlo, non per interesse, ma per pura pietà. Chi non è capace di provare misericordia e pietà per gli altri non è uomo, così non sono uomini coloro che non hanno il senso della vergogna, coloro che sono immodesti, coloro che non sono in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto”.
Mencio pone queste regole per riordinare gli Stati dopo il caos, secondo una gerarchia che vede nel popolo, e non nel sovrano, l’elemento più importante dello Stato. Dice: “Il perno del mondo sta nello Stato, il perno dello Stato sta nella famiglia e il perno della famiglia sta nell’individuo”.
Si conferma l’idea confuciana del trattamento della popolazione come fattore principale per il risanamento sociale, sulla base di antichi e morali modelli: “Dall’epoca degli Stati Combattenti, cioè dal V secolo a.C., la prosperità del potere statale – che in Cina significa anche potere dinastico – era sempre stata legata ai cosiddetti ‘eroi culturali’, ai sovrani fondatori, che erano anche i colonizzatori del territorio, mentre la decadenza ai cattivi sovrani… Il malgoverno, ma anche le ire del cielo e la presenza degli spiriti erano considerati le cause degli alti e bassi dell’impero. I periodi di decadenza erano interpretati come momenti di riflessione in cui venivano redatte le opere storiche. Solo quando le condizioni peggioravano infatti c’era bisogno di chi fungesse da pubblico memento per esortare a seguire i modelli del passato”. H. S. Glintzer, Storia della Cina, pp.38-39.
 
L’UOMO AL CENTRO DI TUTTO, BONTÀ MA ANCHE VIOLENZA PER GIUSTIZIA
Come Confucio, anche Mencio invoca il ritorno alle antiche tradizioni per mezzo dell’esempio dato dalle più remote figure di sovrano, Yao e Shun: “Ai tempi di Yao, l’impero non era ancora stato ordinato. Diluvi a intervalli irregolari allagavano l’impero. Solo Yao se ne preoccupava. Evocò Shun e si fece ordine. Shun ordinò a Yi di usare il fuoco. Yi diede fuoco alle montagne e alle giungle e incendiò le foreste primordiali, scacciando così gli animali e gli uccelli. Yu regolò il corso dei nuovi fiumi. In questo modo l’impero di mezzo divenne una terra che nutriva i suoi abitanti”.
L’uomo sempre al centro, insomma, in una filosofia popolare che fornisce anche un programma politico e non disdegna il ricorso alla violenza sotto forma di giustizia: “Il dovere di un sovrano è quello di promuovere il benessere dei cittadini, e in particolare di dare loro una direttiva morale e condizioni di vita adeguate. Tra le politiche governative ricordiamo: il libero scambio, poche tasse, conservazione delle risorse naturali, una più equa ripartizione della ricchezza, e misure assistenziali a favore degli anziani e dei meno fortunati… Il monarca che trascura il benessere del popolo perderà il ‘mandato del cielo’, e sarà, giustamente destituito… Il popolo ha il diritto di rivoltarsi contro chi governa ingiustamente”. M. Hart, Cit., pp.311-312.
 
Nel corso della storia, il pensiero di Mencio ha certamente attratto il favore del popolo e, seppur non applicato dalle autorità, ha avuto una fortissima influenza sulla politica, l’ideologia, la cultura del tempo. Quando ancora non si sa nemmeno cosa sia il diritto dell'uomo, già 2500 anni fa si pone l’irrisolta questione del disordine sociale e della salvezza dei deboli dalle miserie.