14 marzo 2014

GIOVANNI DALLE BANDE NERE, ULTIMO ARDITO DEGNO FIGLIO DELLA MADRE


Un grande condottiero in soli 28 anni, eroe della debole Penisola vittima delle sue divisioni e continua preda di battaglia. Con la morte del troppo giovane capitano cala il sipario su ogni ambizione di autonomia degli Stati italiani


UN FULMIME SULLO SPEZZATINO ITALICO
Sul finire del ’400, nel periodo in cui la sete di conquista di Francia e Spagna mostra tutta la sua pressione sugli Stati italiani, mentre l’influenza delle Signorie si avvia verso una fase di indebolimento e si rafforza – invece – quella del Papato; passa e fulmina rapida l’avventura di Giovanni de’ Medici, ultimo capitano delle compagnie di ventura all’alba del Rinascimento. Una parabola di vita velocissima, tra il 1498 e il 1526, che porta con sé nella tomba il tentativo di proteggere sotto le insegne della Chiesa la frastagliata geografia italiana dalla minaccia di Carlo V
Ma per questo tentativo non è sufficiente il suo valore. Troppo debole, infatti, è la scena nazionale per resistere a nemici ben più potenti: “Un’Italia frantumata in una galassia di Stati e staterelli in lotta fra loro per un impossibile primato… Per tutto il Quattrocento la Penisola fu teatro di scaramucce e guerricciole cittadine che indebolirono le parti ostacolando e ritardando di secoli il processo d’unificazione del Paese. Incapace di diventare una Nazione, esso finirà infatti, come vedremo per trasformarsi in un campo di battaglia e di rapina di eserciti stranieri, in una terra di conquista alla mercé del vincitore di turno”. I. Montanelli, Storia d’Italia 1250-1600, pp.305-310.
 
Ma Giovanni ci prova lo stesso, né potrebbe far altrimenti sentendo pulsare nelle vene il sangue della sua famosa madre guerriera Caterina Sforza, Contessa di Forlì e nel 1500 implacabile avversaria dei Borgia alla conquista della città: “Asserragliata nella rocca con un pugno di fedeli, valorosamente rintuzzò gli assalti del nemico, ma dopo alcuni giorni dovette arrendersi. Il vincitore magnanimamente le risparmiò la vita, la spedì a Roma e la fece rinchiudere in convento… Una specie di virago già diventata famosa in tutta la Penisola per essere salita sulle mura della città e aver mostrato il ventre ai sudditi ribelli che stavano di sotto e minacciavano di uccidere i suoi tre figli, urlando ‘ho di che farne altri’…”. I. Montanelli, Storia d’Italia 1250-1600, pp.337, 547.
 
Cresciuto anch’egli in convento, nel 1509 Giovanni fa ritorno a Firenze alla morte della madre e sotto la tutela dell’influente politico fiorentino Jacopo Salviati. Ben presto mostra in tutta la sua evidenza un carattere impetuoso e spregiudicato, tanto da arrivare ad uccidere un suo coetaneo in una lite e causandosi il bando dalla città.
Segue a Roma il Salviati, appena nominato ambasciatore, dove entra a far parte delle milizie pontificie per intercessione di papa Leone X (un de’ Medici come Giovanni). Anche a Roma, però, riaffiorano le sue intemperanze allorché uccide il comandante di un gruppo di armati della famiglia Orsini; una notizia che fa scalpore per la sua giovane età e l’esperienza della vittima.

UN CAPOBANDA NEL NOME DELLA CHIESA
Arriva, così, al suo battesimo del fuoco come soldato papale nella guerra contro Urbino in cui esibisce una profonda trasformazione a capo della sua compagnia, diventando un innovatore dell’arte bellica e propugnatore della più ferrea disciplina e obbedienza.
Le Bande di Giovanni, per lo più costituite da italiani, diventano una classica espressione della strategia di guerriglia con truppe leggere particolarmente mobili; dotate di fortissimo spirito di corpo dove traditori, disertori e approfittatori vengono messi a morte. È con questa forza d’urto che nel 1520, seguendo la strategia di Leone X volta ad impedire i pericoli di un’egemonia francese o spagnola, sconfigge diversi signorotti ribelli marchigiani e umbri, aiutando allo stesso tempo gli Sforza a riprendersi Milano contro i francesi di Francesco I.
Nel frattempo il Papa muore e Giovanni per manifestare il lutto muta in nere le insegne delle sue schiere. È così che nasce Giovanni dalle Bande nere ancora in lotta contro i francesi sconfitti insieme alla fanteria svizzera a Caprino bergamasco nel 1523. Con il nuovo pontefice, Clemente VII, cambiano le strategie contro il dilagante Carlo V: nasce la Lega di Cognac tra Francia, Papato, Firenze, Venezia e Milano per scacciare gli imperiali dall’Italia.
I conflitti che ne seguono, tra il 1526 e il 1530, segneranno il destino di Giovanni dalle Bande nere al comando delle truppe pontificie contro i lanzichenecchi. Nel corso di una dura battaglia a Governolo nel mantovano viene colpito alla coscia da un colpo di falconetto, la ferita è gravissima e si rende necessaria l’amputazione della gamba con 10 uomini a tenerlo fermo per l’operazione, mentre esclama: “Neppure venti mi terrebbero se io non lo volessi”.
 
Il poeta Pietro Aretino, suo grande amico e testimone del fatidico momento, per incitarlo racconta: “Lasciatevi tor via il guasto dell’artiglieria, ed in otto giorni potrete far reina l’Italia, che è serva. E la mutilazione la terrete in luogo dell’Ordine del Re che mai avete voluto portare al collo”.
“Facciasi tosto”, risponde l’eroe.
In quei frangenti, però, sopraggiunge la cancrena e Giovanni al confessore: “Padre, per essere io professore di armi, son vissuto secondo il costume dei soldati, come anco avrei vissuto secondo quello dei religiosi, se avessi vestito l’abito che vestite voi… Non feci mai cose indegne di me”.
E tra il pianto dei soldati e dei familiari muore a ventotto anni gridando: “Non voglio morire tra fasce e bende”.

La sua morte trascinerà simbolicamente, e per secoli, quella dell’Italia intera. I lanzichenecchi protestanti di Georg von Frundsberg dilagano nell’Italia del Nord e si dirigono verso Roma mettendola a sacco nel 1527: “Contro quella turba carica d’odio si fece solo, alla testa di scarsi drappelli, Giovanni dalle Bande nere. Era l’ultimo grande condottiero italiano e lo chiamavano così perché da quando era morto il suo grande patrono Leone X, non aveva più smesso il lutto. Fu l’ultima avventura di questo prode e leale capitano in cui rivivevano l’audacia e la spavalderia di sua madre, Caterina Sforza. Cadde con la spada in pugno com’era vissuto e non aveva che ventott’anni. Dopo di lui, Frundsberg non doveva incontrare più ostacoli sula rotta della sua Strafexpedition… Una coltre di paura e disperazione calò sull’Urbe… I lanzichenecchi si vendicarono sulla popolazione abbandonandosi a un indiscriminato massacro. In poco tempo più di diecimila cadaveri lastricarono il selciato e altri duemila galleggiarono sul Tevere. Il bersaglio preferito furono San Pietro e il Vaticano.
I saccheggiatori erano persuasi che le ricchezze ammassate lì dentro fossero rubate nel loro paese da quei ladroni di Papi e cardinali, secondo quanto andava dicendo Lutero… Le basiliche furono trasformate in accampamenti e bordelli… Carlo V, quando ne fu informato, declinò le proprie responsabilità; ma approfittò dell’accaduto per imporre una pace umiliante al disfatto Papa”. I. Montanelli, Storia d’Italia 1250-1600, pp.455-457.
 
Le guerre di Cognac si concludono di fatto con il definitivo dominio spagnolo sull'Italia.

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