9 gennaio 2012

COLLEONI, IL GUERRIERO “INTERMITTENTE” TRA VENEZIA E MILANO

Avventuriero, condottiero e riformatore dell’arte bellica. Militare “a contratto” per fame di gloria e ricchezze al servizio delle Signorie, ma visionario dell’egemonia Veneziana per avviare il processo d’Unità italiana
 
DALLA POLVERE ALLA GLORIA DEI CAMPI DI BATTAGLIA
“Nella prima metà del Quattrocento le città italiane, incapaci di unirsi in un progetto nazionale, continuarono la lotta con le rivali, più o meno vicine, e la guerra sembrò divenuta condizione permanente di vita. Il mestiere delle armi divenne allora consistente fonte di reddito che appagò, oltre il tradizionale particolarismo cittadino, anche lo spirito ardimentoso degli uomini”. L. Gatto, La grande storia del Medioevo, tra la spada e la fede, p.69.

Gruppi mercenari, poi veri e propri eserciti di volontari, guidati da condottieri talora valorosi che animarono nuove tattiche belliche, spesso vincenti sugli assalti della cavalleria e sulle milizie cittadine. È in questa realtà che nacquero le compagnie di ventura di cui Bartolomeo Colleoni fu un capitano votato all’audacia, ai campi di battaglia e all’odore acre dei cavalli. Nato a Solza nel bergamasco (1400-1475), discendente da un grande casato di stirpe longobarda, ricco di tradizioni, virtù guerriere, e ingente patrimonio immobiliare in Val Brembana. Ben presto si ritrovò solo e abbandonato per dispute familiari.

Benché giovane coltiverà, per questo, l’ambizione di restituire col valore delle armi l’antica grandezza al suo nome, puntando al comando generale dell’esercito di Venezia. Iniziò la “gavetta” svolgendo mansioni servili per Braccio Da Montone, mettendosi però in mostra in più occasioni, anche nella scherma, per passare così da “ragazzo” a “valletto” a “fante”.
E fu che ottenne il comando di una piccola condotta di cavalli servendo sotto i principali maestri d’armi dell’epoca ad Aquila degli Abruzzi, in Italia Centrale e Meridionale: Jacopo Caldora, Muzio Attendolo Sforza, Erasmo Gattamelata. Per istinto i soldati cominciarono a chiamarlo capitano.
 
 

VENEZIA-MILANO ANDATA E RITORNO
Nell’era della trasformazione dei Comuni in Signorie, le compagnie di ventura trovarono terreno fertile per scorazzare nella penisola, spesso senza ideologie definite ma per udire il frastuono delle spade. E infatti riaccesasi la guerra tra Venezia e Milano, Colleoni venne chiamato nella Repubblica Serenissima in qualità di Capitano generale della fanteria distinguendosi nell’attacco a Cremona il 17 ottobre 1431 e ottenendo così il Feudo di Bottanuco.
Tuttavia nonostante numerosi atti di valore in altre campagne in Valtellina e Val Camonica, non ebbe completa fiducia e passò al servizio dei Visconti di Milano. Altro rapporto travagliato per rivalità interne ai ranghi militari tanto da finire nelle prigioni di Monza da cui però riuscì a fuggire legandosi a Francesco Sforza, Capitano generale della Repubblica Ambrosiana. Da qui le battaglie vittoriose di Caravaggio, nelle campagne del bresciano, nel bergamasco, nel parmense, Sesia e Borgomanero. Ma un Capitano di ventura fonda la sua forza nell’esercito e nelle risorse che riesce ad ottenere per contratto. E quindi il nostro Bartolomeo ripassò a Venezia con la promessa di Como e Lodi qualora fossero state conquistate. Sfortunatamente proprio la Pace di Lodi del 1454 tra Venezia e Milano lo costrinse al riposo forzato.

SPERANZE SVANITE D’UNITÀ D’ITALIA
Un periodo ozioso che non poteva certamente soddisfarlo, la stabilità politica l’ossessionava, ma trovò il modo di intromettersi nella lotta tra Romagna e Toscana a sostegno dei fuorusciti fiorentini antimedicei che volevano tornare in patria. Con 8000 cavalli e 6000 fanti invase il bolognese contro Federico d’Urbino, Capitano generale delle schiere alleate di Firenze, del Papa e del Duca di Milano. Nella Battaglia della Molinella (25 luglio 1467) impostò l’azione su una vasta manovra tattica per linee interne usando per primo le spingarde, fino ad allora utilizzate solo in operazioni di assedio, e intuendo l’importanza dell’artiglieria leggera. Nelle fasi di sospensione della battaglia si mise però in moto la diplomazia che stroncò il sogno del Colleoni di concludere il conflitto segnando l’egemonia di Venezia da cui sperava di avviare un processo d’unificazione italiana.
Ormai a 71 anni, il vecchio guerriero si ritirò tra grandi ricchezze nel Castello di Malpaga ad attendere la rovina del suo corpo, dedicandosi alle lettere e alle arti in un’atmosfera generale di intrighi e spionaggio.

Nessun commento:

Posta un commento