È la
battaglia di popolo dell’eroe albanese il primo ostacolo all’espansione turca
in Occidente? Da una lotta per la libertà allo scontro tra due mondi.
Nell’epopea tra Albania e Italia la storia di un Paese con lampi di antica
gloria e un lungo sonno
Il 17 gennaio 1468 il patriota e condottiero
albanese Giorgio Castriota “Scanderbeg”
muore di malaria dopo aver combattuto per decenni e sconfitto più volte e
duramente i turchi. A quel punto
l’Albania viene occupata e la sua storia nuovamente oscurata, ma per gli
Ottomani ormai ogni possibilità di invasione dell’Occidente europeo è svanita...
È davvero così o solo un fatto locale? La
storia ha dato più luce ad altre pagine… ma vedremo che Scanderbeg suggerisce e
insegna il valore della lotta unitaria contro il pericolo di dominio turco. “Si
può dire, anzi, che proprio di fronte a questa ineluttabile minaccia appare per
la prima volta chiaro il concetto d’Europa, come complesso di popolazioni che
possono accomunarsi nell’intento di respingere un rischio che le attanaglia”.
L. Gatto, La grande storia del Medioevo,
p.69.
LEPANTO
E LA SALVEZZA DELL’EUROPA
7 ottobre 1571, nelle acque di Lepanto (ex comune
della Grecia Occidentale, oggi Nafpaktia): la flotta cristiana della Lega Santa
riporta una vittoria definitiva sulle le forze navali turche. Una svolta
epocale contro il rischio della caduta di gran parte dell’Italia sotto il giogo
ottomano, del blocco del traffico marittimo tra la Spagna e i suoi domini
imperiali e l’espansione della potenza turca ad un livello insostenibile pure
per gli Asburgo. Lepanto è quindi il simbolo di un scontro di civiltà senza
tregua, è soprattutto una delle poche occasioni storiche in cui, buona parte
della comunità europea occidentale si è riunita sotto un’unica forza per
sconfiggere un avversario comune e garantirsi un futuro indipendente.
L’ULISSE
ALBANESE CONTRO IL CICLOPE OTTOMANO
La lotta di Scanderbeg, nato a Croia il 6
maggio 1405, vale ad unire i principati dell’Epiro e d’Albania, resistendo per
25 anni alle mire di conquista dell’Impero turco ottomano a difesa della sua
terra, dell’Europa e della Fede cristiana; per tale motivo, da Papa Callisto III è ritenuto Atleta di Cristo, Difensore della Fede, nonché
eroe nazionale d’Albania e di tutti gli albanesi sparsi nel mondo. Scanderbeg si muove in uno scenario che
vedeva la sua nazione: ponte tra l’Oriente bizantino e l’Occidente cattolico; dilaniata
dalla lotta interna dei principi e signori feudali; preda dell’irrefrenabile
processo di espansione ottomana favorito dal declino dell’Impero romano
d’Oriente (1453 d.C.). Nel 1430, dopo l’ultima sconfitta militare
del padre ad opera dell’esercito del sultano Murad II, viene trattenuto come ostaggio e ribattezzato col titolo
di “Scanderbeg” in onore di Alessandro
Magno (in lingua turca “Iscander” significa Alessandro e “Bey” principe):
“Obbligato a convertirsi alla religione islamica, il giovane entrò nei quadri
dell’esercito ottomano, dove fece carriera da ufficiale, prima di essere
rimandato nella sua terra…”. A. Frediani, I
grandi condottieri che hanno cambiato la storia, p.490.
La tragedia della sua famiglia, forse anche
grazie all’energia leggendaria che gli deriva dal nuovo titolo del suo nome,
non gli impedirà di diventare il comandante più brillante del suo tempo al
servizio del Sultano. Ma in questo contesto, le sue reali intenzioni mirano non
solo quelle di creare uno Stato albanese alla periferia dell’Impero turco, ma
di distruggere l’Impero stesso per formare poi il Regno d’Albania nei Balcani
Occidentali, ravvivando i gloriosi tempi di Pirro, Re dell’Epiro, e di Giustiniano, Imperatore di Bisanzio.
Il primo atto di questo ambizioso progetto è
la creazione della Lega Nazionale Albanese, nel 1444, con lo scopo di unire
tutti i territori albanesi in un unico Stato nazionale fondato sull’eredità
etno-linguistica che li accomuna. Grazie anche alla capacità di conquistare il
sostegno del Papato, di Venezia e soprattutto degli Aragonesi di Napoli,
infliggerà ai turchi ripetute e cocenti sconfitte fino al 1458 con non più di
20.000 soldati per volta contro armate ben più imponenti. “Così per vent’anni
ebbe luogo un’incessante lotta degli albanesi, intenti a trovare una più
precisa loro identità e protesi a liberare la loro patria e l’intera penisola
balcanica dalla presenza turca. L. Gatto, Cit.,
p.454.
Acquisisce per questa via una fama
travolgente tanto da arrivare a costringere il nuovo Sultano Maometto
II ad un trattato di pace. Ma i
turchi non rinunceranno mai a rifarsi sugli albanesi per dilagare oltre
l’Adriatico, riprendendo così le ostilità dal 1466 a prezzo però di ulteriori
sconfitte. Nonostante le imprese straordinarie, appare
evidente che Scanderbeg non può resistere da solo ancora a lungo alla pressione
turca. Negli anni è riuscito ad interessare sotto un comune obiettivo diversi
Stati italiani perennemente ostili tra loro, ma il fallimento del tentativo di
Papa Pio II di bandire una crociata
contro gli infedeli indebolisce ogni possibilità di ulteriore resistenza:
“L’eroe riuscì ad impegnare ingenti mezzi forniti in buona parte degli
occidentali che guardarono ammirati a quell’enorme sforzo popolare e
confidarono in quell’iniziativa per vedere allontanato il pericolo ottomano.
Tuttavia, per ottenere successi più consistenti, sarebbe stato necessario ben
altro impegno degli occidentali, ma il Papa e i sovrani italiani a volte
impotenti a muoversi, a volte fermati da poco confessabili motivi politici,
rimasero spesso inerti”. L. Gatto, Cit.,
pp.454-455.
Tuttavia, ancor prima che per un’eventuale
sconfitta, Scanderbeg muore di malaria il 17 gennaio 1468; a quel punto
l’Albania viene occupata e la sua storia nuovamente oscurata. Ciononostante non
va meglio agli Ottomani perché frana la possibilità di invasione dell’Occidente
europeo, pur dilagando nell’Impero bizantino e nelle pianure balcaniche.
SCANDERBEG
E GLI STATI ITALIANI
L’eco delle vittorie del condottiero di Croia
ha vasta accoglienza in Italia e crea grande speranza tra le corti della
penisola che temono terribilmente i turchi dall’altra parte del mare.
Scanderbeg per questo ottiene aiuti economici e militari, soprattutto dal re di
Napoli Alfonso d’Aragona e
successivamente da suo figlio Ferrante (Ferdinando
I): “Ferrante gli affidò l’intero fronte pugliese, con la difesa della
fortezza di Barletta… Scanderbeg svolse il compito assegnatogli con estrema
puntigliosità, utilizzando Barletta come base dalla quale lanciare incursioni e
razzie ai danni dei territori dei baroni ribelli, dove creò miseria e
devastazione. Furono sufficienti tre mesi della sua strategia perché i
rivoltosi, capeggiati dal principe di Taranto, richiedessero la pace, della
quale lo stesso Scanderbeg si fece mediatore”. A. Frediani, Cit., p.492.
Tutta l’epopea per la
libertà dell’Albania fonda le basi per un legame molto stretto con l’Italia,
già nel 1464 Ferdinando I in segno di riconoscimento per l’aiuto ricevuto ha
concesso al Castriota i feudi di Monte Sant’Angelo, Trani e San Giovanni
Rotondo. Una presenza che si tocca ancora oggi, soprattutto nel Sud Italia, in
molti paesini d’origine albanese. (Chi scrive ha frequentato personalmente le
scuole superiori in una di queste comunità, Spezzano Albanese-Cosenza).
…E POI
CHE FU DELL’ALBANIA?
Dalla morte di Scanderbeg ci sarebbero voluti
più di 400 anni per veder rinascere l’Albania come Stato libero e indipendente.
Dovremo arrivare al “1912, ossia alla prima guerra balcanica che ha visto gli
ottomani sconfitti da un’alleanza formata da bulgari, greci e serbi”. Ed ecco
rispuntare gli italiani che “tenevano all’indipendenza dell’Albania non volendo
lasciare alla Serbia una via d’accesso all’Adriatico”. J. M. Le Breton, Una storia infausta – l’Europa centrale e
orientale dal 1917 al 1990, p.145.
Tuttavia con l’indipendenza
non finiscono i guai perché arrivano le mire espansionistiche fasciste, la
brutale dittatura comunista di Enver
Hoxha e i barconi degli immigrati verso l’Italia negli anni ’90 dopo la
caduta del muro di Berlino. Ma questa è un’altra storia….
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