Guerriero
e legislatore tra potere sanguinario e tolleranza civile, protagonista assoluto
di una missione religiosa per farsi unico imperatore della terra. Il destino
del mondo e il corso della storia tra le sue mani e un’estate piovosa
TURCO, OTTOMANO, MUSULMANO
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Solimano raccoglie un’eredità unica: la lotta contro la cristianità e l’ambizione all’impero universale. Questo è il significato funesto alla base della caduta di Costantinopoli, maggio 1453, ad opera di Maometto II. Con il crollo dell’Impero Bizantino cessa di esistere una storia di 1100 anni, scompare l’ultimo bastione romano – e quindi occidentale – nella Penisola Balcanica e nell’Asia Minore. Termina la storia dei Cesari e quella d’Europa imbocca un nuovo corso: “Nessuno ne colse le decisive e catastrofiche implicazioni politiche, nemmeno gli italiani che pure erano quelli destinati a pagarle a più caro prezzo. Solo gli ambasciatori veneti ne diedero, nei loro rapporti, una lucida premonizione…
La grande sconfitta fu però la Chiesa
cristiana che si vide definitivamente soppiantata da quella fede musulmana che
per secoli aveva combattuto, e con le Crociate
aveva cercato di estirpare. La spada dell’Islam aveva compiuto la sua vendetta
affondando la sua lama fin sulla soglia della cristianissima Ungheria…
Ma quella ottomana fu una rivincita non
solo religiosa, ma anche economica. A farne le spese furono le repubbliche
marinare di Venezia e Genova che dal Mille in poi avevano spadroneggiato
nell’Adriatico e nell’Egeo monopolizzando i commerci, arricchendosi
smisuratamente, facendo e disfacendo alleanze e lacerando con la loro sete di
guadagno e le loro sanguinose beghe il debole e corrotto Impero d’Oriente”. I.
Montanelli, Storia d’Italia 1250-1600,
pp.275-284.
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IMPLACABILE E TOLLERANTE: SANGUE IN FAMIGLIA E PAX OTTOMANICA
A capo della maggiore potenza mondiale per
vastità di possedimenti, Solimano non si può certo immaginare semplicemente
fortunato e privo di capacità politiche e militari. Ne ha in abbondanza e
racchiuse in caratteristiche fortemente contraddittorie: “Naturalmente la
leggenda cristiana dipinge anche lui come tutti gli infedeli un mostro di crudeltà. Ed effettivamente Solimano da
ultimo lo fu nei suoi rapporti domestici, sotto l’influsso di una moglie
ambiziosa che lo spinse a uccidere il figlio natogli da un precedente
matrimonio, eppoi anche il nipote. Ma il duplice delitto ha l’attenuante della
vecchiaia e della passione. Nel pieno possesso delle sue facoltà, Solimano fu
un sovrano autoritario ma saggio, lungimirante e magnanimo anche con i suoi
avversari. Inflessibile guerriero e musulmano zelante, rendeva omaggio al
nemico vinto, trattava con umanità i prigionieri cristiani, e mai perseguitò
per motivi religiosi”. I. Montanelli, Cit.,
p.447.
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Per la sensibilità moderna una simile azione appare sconvolgente, eppure al tempo la pratica dell’omicidio politico è molto diffusa anche se investe i sentimenti privati: “Nel mondo ottomano il sistema di successione, agli inizi dominato dal seniorato venne sostituito dalla prassi secondo cui chi conquistava il trono eliminava fisicamente i proprio concorrenti. Prassi che addirittura divenne norma esplicita con Mehmed II, il quale appunto emanò un editto noto come legge del fratricidio, dove si stabiliva che il nuovo sultano potesse mettere a morte i rivali”. G. Vercellin, Cit., p.46.
Magnificenza, dunque, anche nella tragedia. Ma non può essere altrimenti per governare quel gigantesco mosaico senza addormentarsi sulla rendita sedentaria di un potere assoluto. Solo per fare un esempio, agli inizi del regno di Solimano gli abitanti di Costantinopoli sono 400.000, alla fine del XVI secolo 700.000. Abbiamo di fronte la metropoli più popolosa del mondo. Nessuna arrivava a tanto, né Napoli né Parigi – le più vaste città d’Europa – né Londra che raggiunge a malapena 120.000 cittadini.
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“Costantinopoli era ingrandita da un
afflusso ininterrotto di popolazioni che vi si insediavano sia volontariamente
sia perché portate dai sovrani che sceglievano nei territori di nuova conquista
i migliori operai e artigiani per abbellire la propria capitale. Così a
Costantinopoli lavoravano le genti più svariate: ebrei cacciati di Spagna,
greci commercianti e marinai, arabi delle più diverse origini, neri del Sudan,
cristiani avidi di avventura o in fuga dalle proprie terre sconvolte dalle
guerre e rapinate da tasse esose. Ciascuno viveva, prosperava o andava in rovina
al riparo della pax ottomanica, senza
essere infastidito per la sua pelle, il suo credo, il suo sesso, la sua lingua,
purché obbedisse alle leggi e pagasse le tasse”. G. Vercellin, Cit., pp.8-9.
Solimano esalta la convivenza sotto il suo regno con una originalità inconfondibile, forza la tradizione e introduce nell’applicazione della Shari‘a (la Legge di Dio) la pratica di regolamenti ad hoc accolta poco favorevolmente in molte società islamiche. Il risultato principale sarà la pubblicazione di un unico corpus di codici utile ad uniformare l’amministrazione in tutto il vastissimo impero: “Fu dunque per la sua attività normativa nell’ambito criminale, amministrativo e costituzionale più che in quello tecnicamente legislativo che Solimano divenne famoso nel mondo ottomano e musulmano”. G. Vercellin, Cit., p.43.
MAI SCONFITTO MA DOPO DI LUI UN MALATO S’AGGIRA PER L’EUROPA
Magnifico legislatore non prima d’esser
Magnifico guerriero. Ma la sua non è fame d’avventura o di semplice conquista,
è una missione: “Il conflitto dell’Islam con l’Europa cristiana era, come si
suol dire scritto nelle stelle, e
infatti durava da novecento anni, cioè da quando, nel settimo secolo, gli
eserciti di Maometto erano traboccati dall’Arabia e dopo la fantastica
cavalcata conquistatrice lungo il Nord-Africa, erano sbarcati in Spagna. I
cristiani avevano preso la controffensiva con le Crociate; l’Islam aveva
replicato annettendosi l’Impero di Bisanzio… Non c’era stato un Papa che non
avesse bandito la sua brava crociata contro l’Islam; e non c’era stato un
Sultano che non avesse promesso ai suoi Ulema
di fondare una moschea a Roma”. I. Montanelli, Cit., p.447.
E Solimano porta avanti la sua missione senza sosta. Si trova ad affrontare un’infinita serie di avversari per imporre i propri “diritti”. Una lista ininterrotta di spedizioni militari per terra e per mare, spesso con cadenze annuali: Nordafrica, Medio Oriente, Persia, dai Balcani all’Ungheria. “Obiettivi che possono essere così sintetizzati: controllo indiscusso delle coste orientali del Mediterraneo e del commercio con l’Egitto; dominio sulla costa nordafricana, unificazione sotto il proprio controllo dei Balcani dal Mar Nero all’Adriatico, costituzione di una base stabile in Europa centrale…”. G. Vercellin, Cit., p.17.
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Sono 250.000 gli Ottomani schierati da
Solimano contro 16.000 austriaci barricati nella città accerchiata: “Solimano
inviò una delegazione a intimare la resa… Dichiarò che, in caso di
capitolazione, immediata non vi sarebbe stata occupazione… In caso contrario,
Vienna sarebbe stata distrutta con tale meticolosità che nessuno ne avrebbe
trovato più traccia”. P. K. Davis, Le
cento battaglie che hanno cambiato la storia, p.250.
In realtà non sarà una guerra perché i turchi più che spade e cannoni troveranno il loro vero avversario nelle condizioni meteorologiche, l’estate del 1529 si rivela a memoria d’uomo la più piovosa in assoluto dell’Europa Sud Orientale tanto da rendere impossibile ogni possibilità di rifornimento delle truppe. Vienna si dimostra un osso duro, le mura non cedono, l’inverno è alle porte e Solimano mai sconfitto in ogni teatro di guerra decide di ritirarsi. Non la spunterà neanche in altri due tentativi di conquista nel 1543 e 1566 anno della sua morte.
Vienna lento tramonto dell’impero Ottomano: “Solimano regnò quando l’impero era al culmine della potenza e dell’estensione territoriale. Dopo di lui, la lunga serie di sultani validi finì… Dal suo governo in poi cominciò un lungo declino, fino ad essere considerato, nel XIX secolo, il malato d’Europa. Se Solimano avesse conquistato Vienna, avrebbe potuto trascorrervi l’inverno, per poi invadere la Germania nella stagione successiva… Vienna significò un cambiamento di fortuna: proprio quando sarebbe stato necessario un sovrano forte e lungimirante per conservare o espandere l’Impero, la serie degli uomini di talento si esaurì”. P. K. Davis, Cit., p.252.
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