Nell’India
del 300 a.C. un monarca guerriero in crisi di coscienza si converte, rinuncia
alla caccia, si fa vegetariano e fonda un’amministrazione imperiale retta da 3
virtù: sincerità, pietà e non violenza
DALLE ARMI ALL’ILLUMINAZIONE DEL DHARMA
Dalle campagne militari per estendere i
propri domini ad una filosofia religiosa come progetto umano e politico. Aśoka (Pataliputra 304-232 a.C) della
dinastia Maurya, tra i più grandi monarchi di tutta la storia dell’India,
intraprende sulle orme dei suoi predecessori una campagna di espansione del
proprio impero concentrato per lo più nella parte Settentrionale, per poi
ampliarlo all’odierno Afghanistan, alla Persia, il Bengala e l’Assam. Sarà tuttavia
la sanguinosa guerra del Kalinga, odierna Orissa, a segnare il destino del
sovrano che camminando tra i cadaveri resta sconvolto dallo spaventoso tributo della
vittoria in termini di vite umane. “Centomila persone erano state uccise, e i
feriti erano ancor più numerosi. Profondamente colpito e pieno di rimorsi,
decise che non avrebbe portato a termine la conquista militare dell’India, e
avrebbe anzi rinunciato a qualunque azione aggressiva. Come filosofia religiosa
adottò il buddhismo, e cercò di mettere in pratica le virtù prescritte dal dharma, che comprendono la sincerità, la
pietà e la non violenza”. M. Hart, Gli
uomini che hanno cambiato il mondo, p.32.
Come reazione personale Aśoka proibisce la
caccia, il ferimento di animali e favorisce il vegetarianismo. Ma molto più
importanti sono le decisioni conseguenti sul piano politico e umano: costruzione
di ospedali, riserve per animali, università, ostelli gratuiti per pellegrini, mitigazione
di molte leggi giudicate troppo severe, costruzione di nuove strade, sistemi di
irrigazione e traffico fluviale.
Ma la caratteristica principale del regno è
rappresentata dalla grande tolleranza religiosa: “Nominò anche speciali
funzionari governativi, i funzionari del dharma,
che avevano il compito di istruire il popolo nella pietà, e di incoraggiare i
rapporti umani basati sull’amicizia… Aśoka promosse in particolare il buddhismo,
che naturalmente godette in quel periodo di enorme popolarità. Missionari buddhisti
vennero inviati in numerosi paesi stranieri, e riscossero particolare successo
a Ceylon”. M. Hart, Cit., p.32.
UNA
RIVOLUZIONE CULTURALE: L’UOMO CENTRO DI UN REGNO
Questa conversione trova un sua ulteriore energia
nella convinzione che la fede buddhista abbia la capacità di far proprie le
caratteristiche di altre tradizioni religiose diffuse nell’area. Una soluzione
utile a stemperare le forti tensioni in un impero molto vasto. Ciò determina
nella gestione del potere una vera e propria rivoluzione culturale che apre
anche a leggi non discriminatorie verso i cittadini per casta, credo o
schieramento politico. E poi tolleranza di tutte le opinioni, obbedienza ai
genitori e rispetto per tutti i maestri religiosi, generosità verso gli amici e
trattamento umano dei servitori.
Nel fatale e spesso involontario oblio
della storia questa è la più grande eredità di Aśoka alla cui morte il suo Impero,
che comincia a vedere la luce successivamente alle campagne indiane di Alessandro Magno, non sopravvive più di
cinquant’anni.
“Al momento della sua
ascesa al trono, questa religione era diffusa soltanto a livello locale,
popolare esclusivamente nell’India del Nord-Ovest. Ma quando il monarca morì
essa contava fedeli in tutto il paese, e si andava diffondendo rapidamente nei
paesi vicini. Ad esclusione dello stesso Gautama, Aśoka è il maggior
responsabile del fatto che il buddhismo è diventato una delle maggiori
religioni del mondo”. M. Hart, Cit.,
p.33.
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