1945, l’Europa è devastata dal conflitto e su essa gravano due piaghe diaboliche: la fame e il comunismo. Gli Stati Uniti decidono di intervenire ancora, partono dai viveri, arr ivano alle armi e avviano un lento processo di unità politica ed economica. Il Vecchio Mondo rinasce ma è ormai colonia tra i signori della guerr a fredda
EUROPA ANNO ZERO
“Venti milioni di persone vagavano disperate e senza casa… vagavano senza una meta, verso Est e verso Ovest, verso Nord e verso Sud, in tutto il continente. Ufficialmente chiamati profughi di guerr a, questi rifugiati erano una schiera immensa: tedeschi che si riversavano dai paesi slavi verso Est e verso il Reich devastato, polacchi e cechi che li seguivano da vicino nelle città distrutte… ungheresi che marciavano trascinandosi penosamente per la pianura della Pannonia.
In tutta Europa la libertà per cui tante nazioni avevano combattuto era tutt’altro che evidente mentre nell’Est, in particolare, erano ricomparse le condizioni del periodo della prima guerra mondiale: una dittatura dopo l’altra. Il futuro non era mai sembrato tanto lontano”. D. W. Ellwood, L’Europa ricostruita, p.48.
Questa è la condizione dell’Europa all’indomani della Seconda Guerr a Mondiale nel 1945, una catastrofe economica e umanitaria su cui già si giocano i destini del mondo: la politica dei “blocchi”, Est e Ovest, Stati Uniti e Unione Sovietica, democrazie liberali e regimi comunisti. Bisogna salvare il continente, o quella parte Occidentale ancora non in mano a Mosca che risucchia un terr itorio dopo l’altro con la sua promessa sociale salvifica facendo breccia nella più cupa disperazione dei popoli annientati dalle conseguenze del conflitto.
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CONTRO I ROSSI LA TEORIA DELLA CRESCITA
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“Italia e Francia erano potenze in ombra, la Germania aveva perso aveva perso la sua unità politica e terr itoriale, la Gran Bretagna non era, più, politicamente al centro del mondo, i paesi dell’Est europeo erano spariti nell’impero russo. Questo era lo sconfortante mosaico dell’Europa al suo tramonto. Ma era proprio in questo scenario che stavano le ragioni per voltare pagina, per intraprendere qualcosa di nuovo che avrebbe potuto salvarla”. G. Giordano, Carlo Sforza: la politica 1922-1952, p.239.
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La premessa che viene determinandosi negli ambienti oltreoceano per sistemare la “questione europea” prima di esserne travolti e ritrovarsi le bandiere rosse sotto casa, è tenere presente che la povertà delle masse va di pari passo con il totalitarismo e la guerr a, allora bisogna proiettare nel mondo il modello americano. Ma soprattutto bisogna avviare un processo di modernizzazione, ricostruendo l’industria e i commerci per approdare alla sicurezza collettiva, al libero scambio e ad una maggiore prosperità degli individui.
Proprio di ritorno da una conferenza stampa a Mosca in Marshall si rafforza la convinzione che Stalin vede nelle “enormi difficoltà economiche in cui si dibatteva l’Europa l’arma vincente per la sua politica espansionistica. La miseria imperversava in gran parte del continente europeo. In Francia e in Italia, i cui governi si erano liberati della scomoda presenza dei comunisti, con ciò schierandosi più marcatamente nel campo occidentale, l’amarezza era profonda. Bisognava dare ad essi, e non solo ad essi, una risposta efficace”. G. Giordano, Storia della politica internazionale 1870-1992, p.291.
E la risposta comincia a prendere forma a giugno del 1947 proprio dalle parole del generale in un discorso ad Harvard: “La nostra politica non è diretta contro un paese o una dottrina ma contro la fame, la povertà, la disperazione e il caos… Il compito degli Stati Uniti dovrebbe consistere in un’assistenza amichevole per l’elaborazione di un programma europeo e, più tardi, in un appoggio a tale programma, nella misura in cui sarà pratico farlo”.
NEMMENO I CHIODI PER LE BARE
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Molto più cruda una cronaca del New York Times: “Non si è mai vista una tale distruzione, una tale disintegrazione della struttura della vita. I liberati non possono essere nutriti o rimessi sulla via della ripresa. L’aumento vertiginoso dell’indice di mortalità e della percentuale dei casi di tubercolosi in Francia durante il primo inverno della liberazione è tipico. In Italia gli aiuti mandati dagli Stati Uniti, benché considerevoli, sono solo una goccia in un oceano di necessità. In Belgio la situazione è politicamente critica, in Olanda è anche peggiore”.
Insomma appare più che evidente che servono, ma ancora non esistono, piani efficaci per affrontare un dramma così vasto; soprattutto per le popolazioni prive dei beni di primissima necessità. Perfino dei chiodi per chiudere le bare!!!
L’impressione che i commentatori del tempo diffondono maggiormente è che nei primi anni successivi alla guerr a, le principali preoccupazioni delle popolazioni dell’Europa Occidentale sono il comunismo e la fame: e la prima si teme possa essere conseguenza della seconda. Tanto emerge dal Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite nel 1946: “In Europa 100 milioni di persone vivevano con di 1.500 calorie al giorno o meno, al livello cioè in cui la salute subisce gravi danni e la capacità lavorativa viene rapidamente ridotta o distrutta. Altri 40 milioni di persone vivevano a un livello leggermente meno pericoloso, tra le 1.500 e le 2.000 calorie. Queste popolazioni erano anche disperatamente a corto di alloggi, attrezzature domestiche, utensili, vestiti e scarpe”.
Solo in Francia, ad esempio, le razioni alimentari ufficiali bastano a descrivere la situazione:
- mezzo chilo di grasso al mese;
- 2 etti di carne alla settimana;
- mezzo chilo di zucchero al mese,
- 2 chili di patate al mese;
- 1 etto e mezzo di formaggio;
- latte solo ai bambini;
- 50 chili di carbone per tutto l’inverno.
In breve, miglioramento del tenore di vita e unificazione europea devono essere la barriera difensiva dai rischi di influenza sovietica sul resto d’Europa, e nel medio periodo un argine all’eterna guerra civile del continente dissanguato da secoli di continui conflitti.
Proprio nel corso del 1946 “vennero improvvisati programmi di aiuti per impedire che accadesse il peggio. Ma nessuno era soddisfatto dei risultati, e da tutte le parti comparvero pressioni perché gli Stati Uniti adottassero un modo diverso di affrontare il problema, una nuova politica che collegasse tutti i fattori economici in un sistema transatlantico di collaborazione pratica che sostituisse le utopie fallite o non realizzate del periodo della guerra”. D. W. Ellwood, Cit., p.53.
Quale deve essere in questa prospettiva la politica degli Stati Uniti?
UNA CROCIATA IDEOLOGICA
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È la svolta, una crociata ideologica: “Gli Stati Uniti avrebbero soprattutto voluto dimostrare la loro innata fiducia in ciò che essi rappresentavano: un sistema politico ed economico che non soltanto aveva prodotto il tenore di vita più alto mai conosciuto dal mondo, ma era anche in grado di allargarsi e di migliorare per soddisfare i moderni bisogni e desideri, e capace di proiettare il proprio esempio, perché consapevole che ciò che poteva dare, diversamente dal caso dell’Unione Sovietica, era appunto ciò che l’Europa desiderava”. D. W. Ellwood, Cit, pp.106-107.
Solo altruismo e idealismo? No. L’obiettivo è ricostruire un’economia mondiale funzionante, stabilizzare le nazioni democratiche e combattere la propaganda comunista e socialista che minaccia il modo di vita americano. Oltretutto gli Stati Uniti non possono permettersi un crollo europeo che avrebbe effetti terribili sulla propria economia interna: scomparsa dei mercati per le eccedenze, disoccupazione, depressione e un bilancio gravemente squilibrato da un debito di guerra gigantesco.
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Tra le finalità del Piano una serie di comuni obiettivi per le nazioni che lo accettano in termini di produzione industriale, stabilizzazione finanziaria e liberalizzazione del commercio:
- ripristino della produzione antebellica di cereali da pane;
- aumento della produzione del carbone;
- espansione della produzione di elettricità;
- sviluppo della capacità di raffinazione;
- aumento della produzione dell’acciaio;
- estensione dei trasporti di entroterr a;
- ripristino e rimessa in funzione delle flotte mercantili.
Fino al 1951 oltre 12 miliardi di dollari hanno raggiunto gli Stati beneficiari europei raccolti nell’OEEC (Organisation for European Economic Cooperation) incaricata di raccogliere e gestire le assegnazioni economiche del programma di finanziamenti. Le principali voci di spesa riguardano:
- viveri, mangimi e fertilizzanti;
- materie prime e prodotti semilavorati;
- carburante;
- macchinari e veicoli;
- spedizioni e servizi.
“Gli esperti sono concordi nel sostenere che la configurazione dell’assetto economico dell’Europa del dopoguerr a diventò riconoscibile a partire dal 1949. Quello fu l’anno in cui i frutti di investimenti forti e prolungati e dell’espansione della produzione cominciarono ad essere finalmente visibili alle tribolate popolazioni del Vecchio Mondo… gli investimenti, il commercio e la produzione industriale ebbero un’espansione senza precedenti, imperniata sulla ripresa della Germania”. D. W. Ellwood, Cit., pp.177-178.
DAL BURRO AI CANNONI: SVILUPPO ECONOMICO E TERRORE ATOMICO
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Lo scoppio della Guerr a di Corea nel 1950 ribalta ogni prospettiva, decreta la fine del Piano Marshall nelle sue forme originarie e apre la strada al più grande programma di spese militari di tutta la storia. Se l’invasione della Corea del Sud viene vista come una manovra aggressiva sovietica a livello mondiale, a maggior ragione gli americani vedono nella difesa dell’Europa Occidentale un impegno strategico supremo. Ma ciò significa che da quel momento Washington detterà legge più di prima.
Si passa dal burr o ai cannoni, ma nero su bianco vengono impresse precise condizioni:
- Gli aiuti del Piano Marshall e gli aiuti militari sono benefici per voi, perché vi danno, in quanto europei, la possibilità di riuscire, se vi impegnate, a rendere l’Europa abbastanza forte da scoraggiare ogni aggressione;
- Ma una cosa va precisata: questa forza può essere ottenuta soltanto attraverso l’unità. Come potenze separate, in rivalità tra loro, le nazioni dell’Europa libera sono veramente deboli, veramente esposte ai pericoli;
- La produttività deve aumentare, perché l’Europa, per diventare tanto forte da essere inattaccabile, ha bisogno di una maggior disponibilità di viveri, di macchinari di quasi tutto.
Gli effetti della nuova ma necessaria politica di difesa si faranno sentire ben presto: “L’espansione dello sforzo difensivo americano sottoponeva la scorta mondiale di materie prime a una pressione eccezionale. A breve scadenza, il risultato fu di annullare buona parte dei passi avanti che erano stati compiuti, durante i primi anni del Piano Marshall, nella direzione di un equilibrio finanziario internazionale”. D. W. Ellwood, Cit., p.243.
Solo dal 1953 la situazione riprende un cammino più positivo, addirittura si profilano un boom postbellico delle nascite e un’espansione della produzione e delle esportazioni. Si affacciano sulla scena nuove parole per descrivere i processi in corso: impennata, sviluppo, prosperità, crescita economica…
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