GERMANICO

SENATUS CONSULTUM DE CN. PISONE PATRE

Articolo a cura di Mattia Davriù da www.talentonellastoria.com

Alla fine della guerra civile e la sconfitta ad Azio di Marco Antonio, certamente abile fu Ottaviano a concentrare gradualmente tutti i poteri dello Stato nelle proprie mani presentandosi tuttavia al popolo come Restitutor Republicae, preparando in segreto il Principato da lasciare ai suoi successori. Ma qui stava il problema, come organizzare la successione senza sembrare di voler essere un nuovo re? Inizialmente Augusto pensò di lasciare il potere al nipote Marco Claudio Marcello, che tuttavia gli premorì e il suo posto passò ad Agrippa, ma anch’egli morì. Augusto ripose quindi le speranze nei giovani nipoti Gaio e Lucio che perirono di malattia pochi anni dopo; non restava che lasciare il potere al giovane Tiberio. Tiberio era il figlio di prime nozze della moglie Livia e Augusto, che non era uno sprovveduto, nello sceglierlo gli fece adottare il nipote prediletto, Germanico, con diritto di successione antecedente a quello dei figli di Tiberio.
La vicenda che vide i due protagonisti si svolse nel 17 d.C.: Tiberio era ormai imperatore da tre anni e Germanico si accingeva a celebrare il trionfo lungo le strade di Roma per i suoi successi in Germania aumentando il proprio ascendente sulla popolazione. A questo punto Tiberio decise di spostarlo in Oriente concedendogli l’imperium maius proconsolare su tutte le Provincie, per risolvere un delicato problema sorto in Armenia, lo “stato cuscinetto” che separava l’Impero Romano dall’Impero Partico. Durante il viaggio per l’Oriente Germanico si fermò a Nicopoli, in Eubea e a Lesbo (dove la moglie partorì la figlia Giulia Livilla), giungendo in Asia Minore accompagnato dal figlio Caligola, entrambi accolti con onori regali.
L’imperatore fu sempre diffidente verso Germanico temendo che, dopo le vittorie in terra tedesca, il comandante volesse assurgere a novello Alessandro Magno in Oriente e quindi decise di nominare Gneo Pisone governatore della Siria per controllarne le attività. Germanico gestì a dovere le faccende con l’Armenia e il regno partico dopodiché ordinò al governatore di lasciare la provincia a causa di alcuni contrasti sorti tra i due dopo che Pisone tentò di annullare alcuni provvedimenti del comandante. Le notizie in nostro possesso sono molto labili, ma sappiamo che Germanico, senza chiedere il permesso a Tibero, si recò in Egitto.
L’Egitto era da sempre una provincia particolare giacché era di proprietà personale dell’Imperatore e nessun senatore poteva entrarvi senza il consenso imperiale. Il sovrano decise di non punirlo per questa trasgressione rimanendo però turbato quando Germanico accettò gli onori divini dei sacerdoti egiziani, limitandosi anche in questo caso a redarguirlo solamente data la sua grande popolarità tra la popolazione dell’Impero. Nuovi scontri sorsero allora con Gneo Pisone che partì alla volta di Roma: interessante è notare come le fonti ci informino che il viaggio in mare era senza fretta e che anzi il governatore era pronto a fare marcia indietro e tornare al governo della Siria poiché alla partenza, Germanico era caduto gravemente malato.
Lo storico Publio Cornelio Tacito, a tale proposito, scrisse nel secondo libro degli Annales che “Intanto Germanico, al suo ritorno dall’Egitto, viene a sapere che tutte le disposizioni impartite, relative alle legioni e alle città, erano state o annullate o stravolte. […] In seguito Pisone decise di lasciare la Siria. […] Poi si sposta a Seleucia, in attesa degli esiti della malattia, che aveva di nuovo colpito Germanico. L’idea di essere stato avvelenato da Pisone esasperava, in lui, la virulenza del morbo. […] Pisone dunque accelerava, anzi precipitava la fine, per avere da solo la provincia e le legioni. Ma Germanico non era ancora a tal punto finito […] Pisone, senza più indugiare, s’imbarco per andarsene, ma veleggiava senza fretta, pronto a tornare da località non distanti, se la morte di Germanico gli avesse aperto la Siria.”.
Ed è in questo momento che la vicenda storica assume tratti sfumati e difficili da seguire insinuando il dubbio tra molti studiosi di storia romana: fu davvero Gneo Pisone ad avvelenare Germanico, magari su ordine dello stesso Tiberio che ne paventava un’irrefrenabile ascesa tale magari da portare a un vero e proprio colpo di stato? Nei suoi Annales Tacito ci dice che “Rivolto poi alla moglie […] Questo disse apertamente e poi a lei sola in segreto: si pensava che le avesse manifestato la paura che gli ispirava Tiberio. E poco dopo si spense tra il vasto compianto della provincia e dei popoli adiacenti.”.

LA MORTE DI GERMANICO
Germanico morì il 10 ottobre 19 d.C., a soli trentatré anni, e per il governo di Roma veniva a porsi un problema di non poco conto: chi porre a capo della Siria? Date le insinuazioni su una partecipazione di Pisone nella morte di Germanico, Tiberio nominò governatore Gneo Senzio che, una volta preso effettivamente possesso della Provincia, fece catturare e inviò a Roma una donna di nome Martina famigerata in tutto il territorio siriano per i suoi avvelenamenti e per essere molto cara a Plancina, la moglie di Gneo Pisone. Ormai non si poteva fare finta che la morte del generale romano fosse stata solo una causalità e il Senato istituì un processo iniziando a raccogliere prove sul presunto avvelenamento di Germanico e sul coinvolgimento di Pisone, mentre in tutto l’Impero erano eretti monumenti in ricordo di Germanico e re e popoli stranieri ne piangevano la dipartita.
La nostra fonte privilegiata, Tacito, ci informa che il processo proseguì con un intervento diretto dello stesso Tiberio, che poco tempo prima aveva dovuto difendersi in prima persona dalle voci che si diffondendo tra la popolazione a causa dei miseri e frettolosi onori che erano stati resi, in patria, ai resti di Germanico. Nel frattempo Martina, la donna inviata dal governatore Senzio, fu trovata morta a Brindisi senza alcun segno di suicidio sul corpo ma con del veleno tra i capelli. A oggi non siamo ancora in grado di affermare con certezza se Germanico sia morto a causa di una malattia contratta in Oriente o perché avvelenato da qualcuno, come non possiamo dire se in caso di avvelenamento l’autore reale sia stato Pisone, per risentimenti personali, o magari su ordine dello stesso Tiberio che aveva timore del crescente potere di Germanico all’interno dell’Impero.
Le uniche cose di cui siamo a conoscenza sono che il corpo senza vita di Gneo Pisone fu ritrovato nella sua casa in una pozza di sangue vermiglio, con una larga ferita alla gola e una spada insanguinata al fianco. Il timore dell’Imperatore di un colpo di stato da parte di Germanico alla fine si avverò, ma non come Tiberio se lo era immaginato: alla sua morte infatti, nel 37 d.C., fu il giovane Caligola, figlio del generale, a salire sul trono di Roma come Imperatore.
(Trionfo e morte di Germanico)