Dall’Antica Assiria i corsi
e i ricorsi della storia. Nelle atrocità dei nostri giorni, col pretesto di servire
il disegno di un Dio, la lezione dimenticata di un impero di sopraffazione e di
morte ma dallo sguardo lungo verso l’arte, l’economia e quindi il progresso e l’eternità
TERRORE PREVENTIVO PER VITTORIA FUTURA
Erroneamente definiamo civiltà sepolte quel
mix di popolazioni e culture che, tra il Tigri e l’Eufrate, hanno tracciato i
primi percorsi conosciuti dell’evoluzione umana. Non sono affatto sepolte giacché
la loro influenza continua a farsi sentire puntualmente da quell’angolo di
mondo ancora fulcro di instabilità internazionale. Luoghi che da millenni danno
tuttora il nome a zone di guerra o, in questi giorni, con la loro silenziosa e
polverosa archeologia eccitano la furia iconoclasta dell’islamismo integralista
per cancellare la storia e il progresso. Ecco quindi la distruzione dei siti e
delle ricchezze delle antiche capitali Ninive e Nimrud con una brutalità e
ferocia pari ai tanti re assiri che tra il III millennio e il 600 a.C. fonderanno
un impero mesopotamico esteso tra Egitto, Siria, Palestina, Fenicia e Anatolia.
Niente male per un popolo di pastori dell’odierno Iraq settentrionale. Di questi antichi sovrani, sono appunto la
brutalità, la ferocia, lo stragismo e la deportazione gli elementi distintivi
con cui basano la loro espansione a scapito delle popolazioni vinte. Secondo
quanto si tramanda il più crudele sarebbe stato re Assurnasirpal II, tra l’883 e l’859 a.C., che porta l’impero al suo
apogeo schiacciando ogni forma di resistenza lungo le direttrici di marcia
Nord, Sud, Ovest e consolidando definitivamente l’immagine dell’assiro spietato
e sanguinario: “L’Assiria… si stendeva a Nord lungo il rapido corso del Tigri.
La Babilonia, l’antica Sumer e Akkad, comprendeva al Sud la regione fra
l’Eufrate e il Tigri fino alle verdi acque del Golfo Persico. In una
enciclopedia popolare del 1867, sotto la voce ‘Mesopotamia’, si trova questa
esauriente illustrazione: Il paese raggiunse l’apogeo sotto le dominazioni
assira e babilonese. Sotto gli Arabi fu sede dei califfi ed ebbe nuovo periodo
di grande fioritura. Con l’invasione dei Selgiuchidi, dei Tartari e dei Turchi
cominciò a declinare, e ai nostri giorni è ridotto in parte ad un deserto
spopolato”. C. W. Ceram, Civiltà sepolte,
p.217.
La coincidenza geografica delle atrocità in
atto oggigiorno sembrerebbe ricalcare proprio quei metodi di conquista sia
nello spargimento di sangue, sia negli effetti sull’immaginario collettivo:
“Sotto questo aspetto, le distruzioni e le crudeltà per le quali si è reso
famoso – soprattutto perché se ne faceva un vanto nelle sue iscrizioni – e con le
quali, più di ogni altra cosa, Assurnasirpal è passato alla storia, sembrano
far parte di una deliberata e meditata politica di intimidazione; nelle sue
iscrizioni si annoverano: terra bruciata nei territori refrattari al suo
dominio; deportazioni di massa in Assiria delle popolazioni locali e,
viceversa, trasferimento di coloni nei territori recentemente soggiogati;
punizioni esemplari e truculente per i ribelli pervicaci che furono
regolarmente squartati, impalati, scorticati vivi, crocifissi, mutilati, posti
a rogo o sepolti vivi… Si evince la distruzione totale di non meno di 21 città
e il massacro della popolazione in almeno 15 occasioni”. A. Frediani, I grandi condottieri che hanno cambiato la
storia, pp. 41-42.
I
NUOVI BARBARI E LA LEZIONE DIMENTICATA
L’azione militare di Assurnasirpal II contempla
la devastazione sistematica intesa come senso di sicurezza da garantire ai confini
del suo impero con il risultato, però, dello scoppio di ripetute ribellioni da
affrontare su vasta scala. Da qui l’avvio di un programma d’espansione spietato
in cui il terrore è un elemento propedeutico alla vittoria. Gli esempi sono
numerosi come nel caso della rivolta debellata nell’attuale zona di Kirkuk (nell’881)
e risolta con la deportazione di manodopera per la nuova capitale a Nimrud; ancora
in Armenia, presso il lago di Van, il re assale ed espugna una fortezza di ribelli
uccidendo tra le fiamme 300 prigionieri. Avvalendosi di una particolare ed
estrema rapidità di movimento arriva a puntellare il suo regno passando per la
Siria, la Fenicia, sfociando sul Mediterraneo e via via così fino all’870 con
la conquista della città di Damdamusa sulle rive del Tigri in cui vengono
massacrati 600 uomini e dell’insediamento di Amid con 3000 crocifissioni.
È una dimostrazione di forza che
consoliderà l’impero per altri due secoli, un esempio di “velocità che fu in
grado di ottenere non solo fruendo di un servizio informazioni capillare ed
efficiente, ma soprattutto rendendo il suo esercito uno dei più mobili del
mondo antico, grazie alla salda disciplina, alla divisione delle unità
combattenti in base al loro armamento e all’utilizzo della cavalleria, una
variante inedita rispetto alla tattica dell’epoca, basata sui carri da guerra e
sulla fanteria. Si dimostrò inoltre un poliorceta insuperabile, espugnando
qualunque roccaforte incontrasse sul suo cammino, la gran parte delle volte con
l’assalto diretto, grazie alle torri semoventi di cui disponeva, alte quanto le
mura nemiche e dotate di arieti per la distruzione delle stesse, che
completavano il lavoro dei minatori”. A. Frediani, Cit., p.42.
Nonostante l’istinto distruttivo,
Assurnasirpal non adagia il suo incontrastato potere sugli allori o meglio ancora
sulle macerie, ma dedica grandi sforzi ad un’intensa attività architettonica
fatta di palazzi, statue, bassorilievi, templi necessari a rendere la nuova
capitale degna dell’antica e gloriosa Ninive: “Nel ricordo degli uomini, Ninive
fu caratterizzata solo da delitti, saccheggi, oppressione, violazione dei
deboli, guerra e terrore in ogni loro aspetto, attraverso una serie sanguinosa
di dominatori che regnarono soltanto con la violenza, che raramente ebbero il tempo
di morire di morte naturale, e a cui successero altri sempre peggiori… E Ninive
fu la Roma assira, città elevata alla massima potenza, metropoli mondiale;
città dai palazzi, dalle piazze e dalle strade giganteschi, città di nuove e
inaudite conquiste tecniche”. C. W. Ceram, Cit.,
pp.268-269.
Il suo impegno edificatorio non è solo
vanità ma la conferma del profondo sviluppo artistico ed economico raggiunto dall’Assiria
che “si afferma nelle vie di traffico che congiunge l’alta Mesopotamia all’Anatolia
sud-orientale e centrale, con la fondazione di avamposti commerciali, in assiro
detti Karùm, termine che all’origine
identifica propriamente la banchina del porto. Gli Assiri esportano in Cappadocia
tessuti e stagno (proveniente dall’altopiano iranico) e ne ricavano argento, e
anche oro. Il commercio si svolge mediante carovane di asini… sostanzialmente
gestito da imprenditori privati (tamkarùm
‘commercianti’), che sono appoggiati dal potere politico”. C. D. Bardeschi, Mesopotamia, p.99.
Ebbene, non solo potere mortale e devastante
ma un progetto imperiale più articolato. Potremmo affermare che più o meno in
quegli stessi luoghi la storia non solo sembra essersi fermata, ma tragicamente
regredita più che ad una pagina neoassira ad un’orda di barbari che in questi
giorni di conquista e annientamento si stanno dedicando a roghi umani,
crocifissioni, decapitazioni e, in una ritorsione senza tempo, alla distruzione
stessa dei resti delle due capitali. Ad ora è molto difficile scorgere altro
all’orizzonte, nemmeno il fantasma di Assurnasirpal ad indicare una via di
ricostruzione.