Osservazioni
celesti a bassa voce, urlate solo in punto di morte, spodestano l’uomo e il
mondo dal centro dell’Universo. Chiesa e dogmi teologici fatti a pezzi
dalla cautela e dalla furbizia di uno studioso che evita il rogo per eresia e
scolpisce il suo nome sulla nascita della Scienza moderna
UOMO,
DIO E SCIENZA ALLE PORTE DEL SACRO
MACELLO
…E siamo a cavallo tra XV e XVI secolo, tra
‘400 e ‘500, tra Umanesimo e Rinascimento, un’epoca che influenzerà
radicalmente quelle successive, nonostante l’Europa ripiomba nel buio con le guerr e di religione del ‘600: “Umanisti furon detti
appunto quei diligenti topi di biblioteca, quegli impavidi sommozzatori di
archivi, che si dedicarono alla scoperta dei testi classici scampati alle
distruzioni e alle dispersioni del Medio Evo, li disseppellirono dagli
scantinati dei conventi dove i monaci, specie i benedettini, li avevano
preservati e spesso trascritti... Questa resurrezione della cultura classica fu
uno degli elementi del Rinascimento, forse il primo, certamente uno dei
maggiori. …La sintassi ai prosatori, …la metrica ai poeti, …le nozioni agli
architetti. Ma questi prosatori, poeti, architetti eccetera non si limitarono
alla semplice imitazione dei modelli classici. Fu quello che vi aggiunsero a
fare del Rinascimento la più grande esplosione del genio umano che la storia
abbia registrato dopo il secolo d’oro ateniese”. I. Montanelli, Storia d’Italia 1250-1600, p.12.
Anche in questo caso, insomma, si tratta di
secoli d’oro mentre per innovazioni e scoperte scientifiche parliamo di tempi
rivoluzionari nel senso più profondo del termine: l’uomo e tutto l’esistente
fisico e metafisico, da allora, non saranno più gli stessi. Il nome proprio di
questo nuovo ordine per la concezione antidogmatica dell’uomo e del mondo
appartiene per molti versi a Niccolò
Copernico e alla riesumazione analitica dell’antica Teoria Eliocentrica sul sole, non la terra, centro dell’Universo:
“Di pari passo con il movimento culturale umanistico si affermò, tra le fine
del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento, la civiltà del Rinascimento,
che conseguì soprattutto in Italia le affermazioni più alte e originali. Motivo
fondamentale di questa rinascita fu una sorta di religione per le letterature e
le civiltà antiche e da essa scaturì la tendenza di far rinascere mediante
l’imitazione, forme ed espressioni dell’antica civiltà considerata come un
modello insuperato e insuperabile. Scultori, pittori e architetti… crearono
opere considerate un patrimonio prezioso per l’umanità. Alla ripresa dell’arte
fece, altresì, riscontro quella della scienza…”. L. Gatto, La grande storia del Medioevo, p.76.
Una vera e propria semina di conoscenza che
nemmeno la Guerra dei Trent’anni (1618-1648),
un lungo conflitto a metà tra scontro religioso e riscrittura della carta
d’Europa, riuscirà a frenare: “…La crisi di stanchezza e quindi la reazione
dell’Europa ai sacri macelli di cui è stata vittima per quasi un secolo. Questi
macelli sono stati perpetrati in nome di Dio, o per meglio dire di due diverse
interpretazioni di Dio, e hanno trovato alimento nel furore teologico. Per
porvi fine e prevenirne degli altri, bisogna battere in breccia la teologia distraendo
l’uomo dalla contemplazione del cielo, dove esso non sembra trovare altra
ispirazione che a guerre e persecuzioni, per riportarne l’attenzione sul suo
regno: la Natura… E questo tema è l’invito alla scienza perché la scienza è
appunto lo studio della Natura”. I. Montanelli, Storia d’Italia 1600-1789, p.203.
La premessa fondamentale per
resistere al tentativo permanente di soppressione ecclesiastico del sapere risiede
proprio nel risveglio cinquecentesco della scienza, basato sul coraggio di un
nuovo percorso di ricerca, che innalza l’indagine empirica sull’esistenza da
hobby a fondamento di verità per l’uomo. Una via di fuga dalle gabbie delle
superstizioni di cui, ad esempio, la caccia alle streghe è solo una parte: “Il
Cinquecento, lo abbiamo già detto, era stato più il secolo degli artisti e dei
letterati che degli scienziati, specialmente in Italia. Ma fu proprio in questo
periodo che fra le mani di Leone X, il
grande Medici, capitò un libricino intitolato Piccolo Commentario che preannunciava una delle più grandi scoperte
scientifiche di tutti i tempi, forse la più grande di tutte: la scoperta cioè
che il centro dell’Universo non era la terra, ma il Sole”. I. Montanelli, Cit., p.207.
L’ETERNITÀ
DI UNA BIOGRAFIA BREVE SEPOLTA IN UNA TOMBA IGNOTA
Non dovrebbe essere difficile definire
Copernico padre dell’astronomia moderna, e infatti difficile non è ma nemmeno
scontato. Arriva a questo mirabile titolo dopo un accavallarsi onnivoro di attività
e studi. Nasce nel 1473 a Torún, in Polonia, e a vent’anni si reca in Italia
per frequentare giurisprudenza e medicina tra Bologna e Padova. Si laureerà in
diritto canonico a Ferrara nel 1503 avendo già assunto, qualche anno prima,
proprio l’incarico di canonico di Ermia accanto ad un suo zio vescovo.
Lasciata l’Italia torna a Frombork, si
interessa di riforme del sistema monetario e sviluppa studi di economia
politica. Da qui, con il successivo incarico di amministratore dei territori
della città di Olsztyn, si impegna in questioni di catasto, giustizia e fisco.
E in questa variegata flessibilità lavorativa che, già da studente, si addentra
nell’astronomia e nelle prime osservazioni ma “non fu mai un astronomo di
professione, e alla grande opera per cui divenne giustamente famoso dedicò il
suo tempo libero”. M. Hart, Gli uomini
che hanno cambiato il mondo, p.82.
Astronomo puro o no, trae una serie di
intuizioni dalle antiche opinioni sul movimento terrestre ed inizia a fissarle
nero su bianco fino a farne opera compiuta che sarà il De Revolutionibus orbium coelestium: “Per la prima volta, non più
come ipotesi basata solo sull’intuizione, ma come teoria poggiata
sull’osservazione e il calcolo, degrada la terra da centro del Creato a suo
periferico frammento, con tutte le conseguenze che ne derivano”. I. Montanelli,
Cit., pp.208-209.
Ma visti i tempi accanitamente ostili da
parte delle sfere ecclesiastiche ad aperture del minimo dialogo sui propri
dogmi – in questo caso considerando indiscutibile il secolare sistema tolemaico sulla centralità della
terra nell’universo – Copernico tarda il più possibile la pubblicazione
ufficiale dei suoi studi.
Troppo facilmente potrebbe guadagnarsi
un’accusa di eresia e subirne le nefaste determinazioni: “Le conseguenze erano
catastrofiche, specialmente per la teologia. Cattolica o protestante, essa pone
a fondamento della sua costruzione la premessa che tutto è stato creato in
funzione dell’uomo… Tutto ciò che l’onnipotente ha fatto, lo ha fatto per
l’uomo, dandogli in appalto il centro immobile di un Cosmo che ruota attorno a
lui… Sopra l’uomo c’è il paradiso, sotto l’uomo c’è l’inferno: tutto
confezionato per lui. Il crollo di questo sistema pone alla mente domande
terribili. Se il suo abitacolo non è che un frammento relegato alla periferia
del Creato, che fondamento ha la pretesa dell’uomo di considerarsene il centro?
E perché il Signore avrebbe mandato suo Figlio a morire proprio su questa
scheggia persa tra le tante che popolano l’infinito?... Tutte le più radicate
certezze su cui l’uomo ha costruito la propria vita e creduto di interpretare
la propria missione e il proprio destino, escono sconvolte dalla nuova teoria…
L’interpretazione cristiana del mondo non ha mai subito un attacco più
pericoloso di questo”. I. Montanelli, Cit.,
p.209.
E quindi si arriva al 1533, con un sessant’enne
Copernico che comincia ad enunciare gli elementi principali della sua teoria in
una serie di conferenze a Roma. Ma la pubblicazione dell’opera avverrà soltanto
nel 1543, nell’unica e ultima possibilità per l’astronomo di accarezzarne la
prima copia il giorno della sua morte, il 24 maggio dello stesso anno. Certamente
una gran “furbata” lasciare ad altri il peso della condivisione e del perfezionamento
di una rivoluzione ormai in movimento che scardina senza appello le più antiche
certezze. Tuttavia, non solo furbizia ma un profondo turbamento per l’evidente
contrasto tra le sue conclusioni e quanto contenuto nelle Sacre Scritture.
Una vita dunque tenuta
sotto traccia anche in una sepoltura travagliata nella cattedrale di Frombork.
Per secoli l’osservatore del nuovo pianeta Terra non sarà più ritrovato. Nientemeno
nel 2008 alcuni ricercatori riusciranno a riconoscerne il corpo da analisi del
Dna su capelli tratti da suoi libri. E così si arriva a solenni esequie soltanto
nel 2010.
UNA
RIVOLUZIONE TRAVESTITA DA IPOTESI PER NON ARROSTIRE SUL ROGO
“Sia nella fisica che nella matematica,
nella meccanica, nell’astronomia, gl’italiani furono i più grandi specialisti
di questo periodo. Ma i loro studi restavano costruzioni senza tetto, perché
dalle leggi che via via scoprivano essi non potevano risalire all’idea generale
cioè all’idea filosofica, che per forza di cose li avrebbe messi in contrasto
col dogma e fatti cadere sotto le grinfie dell’Inquisizione”. I. Montanelli, Cit., p.204.
Questo pericolo Copernico
l’ha ben chiaro e decide di restare abilmente sul terreno delle ipotesi,
imponendosi di non assumere impostazioni rivoluzionarie ma spulciando nei testi
della filosofia antica alla ricerca di nuove metodologie di calcolo per dare
una risposta alle evidenti incertezze degli astronomi. La sua teoria
eliocentrica, infatti, non è una novità assoluta, non è una sua invenzione ma
una rilettura analitica – ovvero munita di calcoli, dati e rilievi – delle
congetture di diciassette secoli prima avanzate dall’astronomo greco Aristarco di Samo: “Copernico ha
bisogno di bellezza. L’universo è chiuso ed è sferico perché è un corpo divino.
Il sole sta nel mezzo perché è la lampada
che tutto illumina nello stesso tempo. Già Eraclide
Pontico e Aristarco di Samo avevano proposto il sistema eliocentrico, ma
non erano stati ascoltati e di quell’idea nessuno se ne ricordava più”. M.
Rigutti, Galileo Galilei, p.18.
Il limite di Aristarco sta infatti nella
mancanza di dati per convalidare la sua intuizione sull’immobilità del sole e
delle stelle e sulla rotazione della terra percorrendo una circonferenza. E
così l’eliocentrismo non “aveva resistito alle confutazioni di Tolomeo d’Alessandria, che nel secondo
secolo dopo Cristo aveva formulato la cosiddetta teoria geocentrica che restituiva alla terra la sua posizione di
fulcro dell’universo come dice la Bibbia: teoria che, appunto, dal nome del suo
autore, si chiamò tolemaica. E per più di un millennio nessuno l’aveva più
messa in discussione”. I. Montanelli, Cit.,
p.207.
Nessuno fino a Copernico; che recupera
concretamente l’eliocentrismo e rivoluziona il modo di concepire l’universo,
segnando il punto di partenza non solo dell’astronomia moderna ma della scienza
moderna: “Anche se Aristarco di Samo aveva proposto l’ipotesi eliocentrica
oltre diciassette secoli prima di Copernico, non è sbagliato attribuirne il
merito a quest’ultimo. Aristarco aveva azzardato un’ipotesi, anche se
brillante, ma non aveva mai presentato questa sua teoria corredandola dei
particolari indispensabili a renderla scientifica. Copernico invece elaborò nei
dettagli i necessari calcoli matematici, e la trasformò in una teoria
scientifica utile, che poteva essere applicata per fare delle previsioni,
verificare con osservazioni astronomiche, e confrontata significativamente con
la vecchia teoria secondo cui la terra era il centro dell’universo”. M. Hart, Cit., p.83.
DA
…GEO A …ELIO: UN TRATTATO “ZEPPO DI ERRORI” MA ESATTO
Per la sua opera e per mantenere la cautela
che ne segna gli studi e le osservazioni, Copernico fissa i termini della nuova
cosmologia non distanziandosi troppo dagli stessi dati dell’astronomia
tolemaica: perfetta sfericità e finitezza dell’universo, immobilità del sole
dovuta alla sua natura divina. I fondamenti della sua “ipotesi” sono
pronti e senza troppo clamore li affida alla stesura del De Revolutionibus orbium coelestium (1543), passando così
ufficialmente dalla teoria GEOcentrica a quella ELIOcentrica: la terra gira
intorno al proprio asse, la luna gira intorno alla terra, la terra e gli altri
pianeti girano intorno al sole. La descrizione del
sistema
copernicano si compone di 6 libri che
vanno dalla visione generale dell’eliocentrismo ai movimenti apparenti del
sole, dalla conformazione della luna alla concreta esposizione della nuova concezione. In sintesi il nuovo
universo può sintetizzarsi nei 6 assunti già esposti dall’astronomo polacco,
tra il 1507 e il 1512, nel piccolo commentolario (De hypothesibus motuum coelestium commentariolus) a compendio del De Revolutionibus…:
- Non vi è un unico punto centro delle orbite celesti e delle sfere
celesti;
- Il centro della Terra non è il centro dell'Universo, ma solo il
centro della massa terrestre;
- La distanza fra la Terra ed il Sole, paragonata alla distanza fra la
Terra e le stelle del Firmamento, è infinitamente piccola;
- Il movimento del Sole durante il giorno è solo apparente, e
rappresenta l'effetto di una rotazione che la Terra compie intorno al
proprio asse durante le 24 ore, rotazione sempre parallela a se stessa;
- La Terra (insieme alla Luna, ed esattamente come gli altri pianeti)
si muove intorno al Sole ed i movimenti che questo sembra compiere
(durante il giorno e nelle diverse stagioni dell’anno, attraverso lo
Zodiaco) altro non sono che l’effetto del reale movimento della Terra;
- I movimenti della Terra e degli altri pianeti intorno al Sole possono spiegare le stazioni, le stagioni e le altre particolarità dei movimenti planetari.
Il dado è tratto ma lì per lì “a rendersene
conto furono in pochi… La Chiesa non aveva afferrato le implicazioni e le
conseguenze di quella rivoluzionaria scoperta perché, tutto sommato, non ci
credeva: seguitava a considerarla una semplice congettura, una specie di
balocco per intellettuali in vena di originalità”. I. Montanelli, Cit., pp.209-210.
La teoria di Copernico, infatti, presenta
difetti e inesattezze che non la distanziano moltissimo dal sistema tolemaico,
se non nel punto ovviamente centrale/rivoluzionario della posizione solare e
terrestre. Il nuovo sistema non appare né più semplice, né più preciso, né più
accurato: “Come i suoi predecessori peccò per difetto nel valutare le
dimensioni del sistema solare, e commise l’errore di ritenere che le orbite
descrivessero cerchi o epicicli”. M. Hart, Cit.,
p.82.
E ancora: “Il libro era zeppo d errori,
anche marchiani: fra cui quello che il sole è il centro di tutto l’Universo e
sta fermo. Conserva, di Tolomeo, una cervellotica e macchinosa farragine di sfere, cicli, epicicli,
eccetera. Ma per la prima volta, non più come ipotesi basata solo sull’intuizione,
ma come teoria poggiata sull’osservazione e sul calcolo”. I. Montanelli, Cit., p.208.
Ma è proprio nelle inesattezze che tutto
sommato Copernico preserva la sua opera da accuse di eresia presentandola,
appunto, come ipotesi o come metodo di calcolo per prevedere la posizione dei
pianeti; e infine dedicandola a papa Paolo
III.
Ancor più a vantaggio di questa
impostazione interverrà la tanto contestata prefazione al testo di Andrea Osiander (teologo e scienziato
tedesco), correttore di bozze del De
Revolutionibus…, che di sua iniziativa prova a chiarire che si tratta di un
esercizio matematico finalizzato a semplificare la complessità metodologica
della visione geocentrica: “Non dubito
che alcuni studiosi, diffusa ormai la fama della novità di questa opera, che
pone la terra mobile e il sole immobile in mezzo all’universo, si siano
fortemente risentiti, e ritengano che non c’era alcun bisogno di rendere
incerte le discipline liberali, una volta sapientemente stabilite. Se essi
vorranno però riflettere saggiamente sulla cosa, troveranno che l’autore di
questa opera non ha commesso nulla che meriti rimprovero. È infatti proprio
dell’astronomo prima registrare la storia dei moti celesti mediante
osservazioni abili e accurate; quindi, escogitare e supporre le loro cause,
ossia certe ipotesi, in un modo qualsiasi, non potendole dimostrare in alcun
modo come vere. Partendo da tali ipotesi, si possono calcolare correttamente i
moti celesti, in base ai princìpi della geometria, tanto nel futuro che nel passato.
(...)Permettiamo dunque anche a queste nuove ipotesi, fra le antiche, il
diritto di farsi conoscere, ma non come più verosimili, tanto più che sono
ammirevoli e semplici, e recano con sé un grande tesoro di osservazioni
dottissime.(...)Salute”.
Insomma, Copernico è pienamente un umanista
che scruta nel sapere antico per formulare, a partire da quello, nuove forme ed
espressioni. E così scrive: “Mi pare di
aver raggiunto la consapevolezza che i matematici non hanno idee chiare attorno
a questi moti… Essi non usano né gli stessi principi e ipotesi né le stesse
dimostrazioni. Così alcuni usano soltanto cerchi omocentrici, altri eccentrici
ed epicicli, e tuttavia con questi mezzi non raggiungono integralmente i loro
scopi… Né furono in grado di scoprire oppure di dedurre da tali mezzi la cosa
più importante: vale a dire la forma dell’universo e l’immutabile simmetria
delle sue parti”.
GALLERIA
DI EROI E VITTIME ELIOCENTRICHE
Copernico ha e avrà ragione: abbiamo visto
che non presenta la sua opera come rivoluzionaria, ma apre questioni che per il
sistema tolemaico rappresenteranno una vera e propria frana. Se a quei tempi l’universo
geocentrico ha valore da quasi due millenni, di fronte all’osservazione
empirica e all’adozione del metodo scientifico perde ogni difesa. Però non da
parte della Chiesa che, una volta riavutasi dall’iniziale assopimento sulla
“carsica” rivoluzione astronomica presa un po’ sotto gamba, inizia la caccia
agli uomini di scienza che abbracciano il nuovo corso.
Copernico ha ragione, ma la sua ragione la
dimostreranno scienziati dopo di lui e alcuni patiranno terribilmente. Il più
noto tra questi Galileo Galilei che
nel 1609, potenziando il telescopio di cui gli giungono notizie come nuova
invenzione dall’Olanda, si concentra sulle osservazioni celesti e sulla difesa
del sistema copernicano. Per questo “si trovò sempre più in contrasto con la
Chiesa a causa delle scoperte fatte con il nuovo telescopio: le montagne della
luna; meno satelliti in orbita attorno a Giove; stelle troppo deboli da avvistare
senza telescopio; le fasi di venere; l’esistenza delle macchie solari; la
ragione per cui gli oggetti galleggiano o affondano in acqua; eliocentrismo, la
teoria per cui la Terra ruota attorno al sole; il sostegno offerto alle teorie
astronomiche di Copernico. Galilei pubblicò le sue osservazioni nel trattato Sidereus Nuncius. Esse si
contrapponevano all’astronomia invalsa presso la Chiesa cattolica, e
contraddicevano anche le idee scientifico-filosofiche del tempo”. T. C.
Leedom/M. Churchville, Il libro segreto
dei Papi, p.135.
Non curandosi dell’interpretazione
letterale di vari passi delle Sacre Scritture rispetto alla validità “assoluta”
della teoria geocentrica, egli “sfiderà, se occorre, le rivalità di potenti e
vendicativi rappresentanti della Chiesa, che temono per il loro potere sul
cervello e sulle coscienze degli uomini, si scontrerà con gli accademici del
tempo che vedono diventar fumo i loro libri, sopporterà gelosie e invidie. Lo
farà per più di due decenni, finché una forza più grande, invincibile, che lo
porterà fino alla prigionia e alle soglie della tortura e alla sinistra visione
del rogo, non lo fermerà”. M. Rigutti, Cit.,
pp.40-41.
Il grande scienziato non teme o non avverte
il rischio, e l’ammirazione che gli deriva da papa Urbano VIII lo illude su un mal interpretato via libera. Non tiene conto
appunto di quanto intimatogli dall’Inquisizione: “Non
avverserebbe l’ipotesi copernicana se fosse presentata come ipotesi, pura e
semplice, o come utile strumento di calcolo. Ma non come realtà: che lo sia non
c’è alcuna prova, solo indizi, e questi non possono prevalere sulla parola
delle Sacre Scritture che il Concilio di Trento ha proibito di interpretare a
proprio piacimento… Può continuare a lavorare, può anche sostenere l’ipotesi
copernicana purché la riconosca un’ipotesi, una semplice opinione, utile nei
calcoli astronomici ma nulla più”. M. Rigutti, Cit., pp.60-62.
A maggior supporto di
questa prescrizione giunge nel 1616 lo storico editto del Sant’Uffizio: “L’opinione
che il Sole stia immobile al centro dell’Universo è assurda, falsa
filosoficamente, e profondamente ereticale perché contraria alla Sacra
Scrittura. L’opinione che la Terra non è il centro dell’Universo e anche che ha
una rotazione quotidiana, è filosoficamente falsa, e per lo meno una credenza
erronea”. I. Montanelli, Cit., p.217.
In tutta risposta Galileo
pubblicherà il Dialogo sopra i due
massimi sistemi del mondo (tolemaico e copernicano), che si rivela
un’eccellente esposizione a favore della teoria di Copernico. Sappiamo com’è
andata a finire: nel 1633 lo scienziato portato in giudizio davanti al
tribunale dell’Inquisizione, l’umiliazione dell’abiura e l’eppur si muove. “La Chiesa crede così di aver seppellito Galileo;
e invece aveva solo dato un colpo di zappa a se stessa. Il mito della sua
infallibilità non se n’è mai più riavuto”. I. Montanelli, Cit., p.217.
Difatti tra infallibilità percepita e
infallibilità infranta la chiesa non arretra, e nel frattempo va peggio a Giordano Bruno che, sentendosi
investito di una missione soprannaturale e volendo cambiare il mondo e
riformare gli uomini “prende a prestito da filosofi antichi e contemporanei,
impasta idee vecchie e nuove senza troppo curarsi della loro compatibilità, ed
elabora una teoria sull’universo… Paragona la Terra a un cosmo infinitamente
piccolo, annegato in un cosmo infinitamente grande. Il nostro pianeta non è al
centro dell’universo perché questo, eterno e incommensurabile, non ha confini. I
mondi che lo popolano non si contano e sono in continuo movimento. Neppure le
stelle fisse sono immobili. Un flusso incessante anima la volta celeste,
costellata di astri, abitati da essere viventi e intelligenti in ciascuno dei
quali palpita la divinità”. I. Montanelli, Storia
d’Italia 1250-1600, p.690.
Forse sul frate domenicano l’influenza
copernicana è minima ma, per questa e tante altre ragioni, l’Inquisizione gli dà
la caccia: condanna il filosofo come eretico ed esegue la condanna al rogo nel
febbraio del 1600, mentre egli esclama: “Il
timore che provate voi a infliggermi questa pena è superiore a quello che provo
io a subirla”. I. Montanelli, Cit.,
p.693.
Ma di
abiura in rogo, comunque, l’affermarsi di un moderno metodo scientifico diventa
un processo inarrestabile. E toccherà all’astronomo tedesco Giovanni Keplero compiere un prezioso
passo avanti nella dimostrazione della validità del sistema copernicano, questa
volta attraverso cause fisiche e non modelli geometrici. Calcolando per anni
l’orbita di Marte, si rende conto che le posizioni dei pianeti non compiono
combinazioni di cerchi bensì di ellissi, diversamente da quanto ipotizzato sia
dallo stesso Copernico che da tutti gli astronomi classici. Da qui fornisce una
completa ed esatta descrizione del moto dei pianeti attorno al sole nell’opera
intitolata Astronomia Nova (1609) in
cui enuncia le tre famose Leggi di
Keplero: “Primo, ogni pianeta si muove seguendo un’orbita ellittica di cui
uno dei fuochi è il Sole. Secondo, il movimento è più rapido quando il pianeta
è vicino al Sole, più lento quando è lontano. Terzo, il quadrato del tempo di
rivoluzione di un pianeta intorno al Sole è proporzionale al cubo del grande
asse dell’ellissi da lui descritta”. I. Montanelli, Cit., p.211.
Nel corso di pochi decenni l’importanza di
queste Leggi appare evidente a tutta la comunità scientifica e a cascata
diventano fondamentali per le teorie di Isacco
Newton, lo scienziato inglese che dallo studio del moto dei corpi estrae i
principi della dinamica e la famosa legge sulla gravitazione universale; il
tutto condensato in una teoria scientifica unificata attraverso la quale
“possono essere studiati praticamente tutti i sistemi meccanici macroscopici,
dall’oscillazione del pendolo al moto dei pianeti nella loro orbita attorno al
sole, e si possono fare previsioni circa il loro comportamento”. M. Hart, Cit., p.345.
E pensare che quest’ultimo,
orfano di padre già prima della nascita, si ritira da scuola in adolescenza per
volontà della madre che vuole farne un agricoltore.
IL
LENTISSIMO RISVEGLIO ELIOCENTRICO DELLA CHIESA E SOLO NEL…!!!
Come già scritto, Copernico muore nel 1543
lasciando dopo di sé la marea montante della scienza nuova. Da qui solo:
“Nel 1757 i libri che insegnano il moto
della terra sono cancellati dal catalogo dell’Indice dei libri proibiti dalla
Chiesa;
nel 1822 il Sant’Uffizio con l’approvazione
di papa Pio VII, ammette la
difendibilità del copernicanesimo e autorizza la pubblicazione di libri che
affermano il moto della Terra;
nel 1966 dopo il Concilio Vaticano II
convocato da papa Giovanni XXIII,
l’Indice dei libri proibiti viene abolito;
nel 1992 papa Giovanni Paolo II approva pubblicamente la filosofia galileiana”.
M. Rigutti, Cit., p.123.
Il papa polacco dichiarerà: “Galileo, che ha praticamente inventato il
metodo sperimentale, aveva compreso, grazie alla sua intuizione di fisico
geniale e appoggiandosi a diversi argomenti, perché mai soltanto il sole
potesse avere funzione di centro del mondo, così come allora era riconosciuto,
cioè come sistema planetario. L’errore dei teologi del tempo, nel sostenere la
centralità della terra, fu quello di pensare che la nostra conoscenza della
struttura del mondo fisico fosse, in certo qual modo, imposta dal senso
letterale della Sacra Scrittura”. T. C. Leedom/M. Churchville, Cit., p.137.
Circa 450 anni per prendere atto di un
errore teologico protetto dietro la più intollerante delle dottrine: il dogmatismo.